Dal mancato putsch turco alla strage del terrorismo jihadista a Nizza. Per Margherita Boniver, grande esperta di politica internazionale, già ministra della Prima Repubblica, dirigente del Psi di Bettino Craxi, ex sottosegretario agli Esteri del secondo governo Berlusconi (delega per l’Asia) e fino a 3 anni fa presidente della Commissione Shengen, tutto si tiene. Sottolinea con Il Dubbio «la debolezza» dell’Europa e dell’Occidente di fronte al «suo smottamento».Onorevole Boniver, di fronte al caos mondiale da Europa e Usa ogni volta vengono dichiarazioni che suonano di circostanza e non di guida, come se, perdoni l’ironia, minacciassero: attenti, vi prendiamo a male parole. Almeno così il cittadino rischia di percepirle. Che opinione ha?Il putsch fallito in Turchia è l’ultimo episodio finora che ci racconta lo smottamento dell’Occidente. Il penultimo è stato Brexit. E c’è ancora l’incognita di cosa significherà questo fallimento europeo.Non c’è anche il non piccolo particolare che la Ue dovrà fare a meno di una grande potenza militare come il Regno Unito?Non c’è nessun dubbio. Anche se la Gran Bretagna che è un importantissimo Paese Nato non lascerà l’alleanza atlantica. Tuttavia Brexit è un indebolimento dell’Europa e non solo, ma dell’Occidente democratico nel suo complesso.E gli avvenimenti in Turchia?Lasciano una situazione ancora una volta più ambigua: mano libera a Erdogan di fare un repulisti generalizzato di quello che resta di un’opposizione sia laica che militare, assolutamente “disarmata” e repressa. Speriamo che gli appelli alla moderazione e a non reintrodurre la pena di morte abbiano qualche eco. La Turchia è un importantissimo e dinamico Paese per noi europei. È stato grande l’errore di non averli fatti entrare nella Ue…Scusi e ora avrebbero le credenziali per l’ingresso, secondo lei?No, l’errore è stato fatto prima. E adesso credo che diventerà quasi impossibile. Comunque, ci si augura che il post-putsch non trascini la Turchia e il leader islamico Erdogan verso lidi sconosciuti, la sharia o altri spaventosi scenari. Ci auguriamo di no, ma tutto farebbe supporre che la mano libera utilizzata da Erdogan (oltre 6000 arresti, 3000 magistrati licenziati, dal momento che la Corte suprema aveva messo mano ai presunti affari della sua famiglia) metta sempre più a rischio i fondamentali della democrazia.C’è molta ignoranza anche da parte dei media sull’esercito turco, descritto come fosse sudamericano. Ci può spiegare le differenze?L’esercito turco ha una leadership élitaria, gli alti gradi delle forze armate appartengono alla borghesia istruita e benestante. Poi, viene visto da sempre come il bastione della laicità e dei principi del fondatore della patria Ataturk.Ecco ma un’istituzione così perché ha dato questo spettacolo di sé?Non si erano mai visti un pasticcio e una improvvisazione simili. Un putsch militare si presuppone che quantomeno sia organizzato con una ratio. E ci sono anche dietrologie, secondo le quali addirittura Erdogan avrebbe organizzato tutto questo…Interrogativi di questo genere se li pongono anche gli esperti.Intanto, c’è un risultato ovvio sotto gli occhi tutti: Erdogan ha completamente le mani libere, le opposizioni, che si sono affrettate a condannare il putsch, avranno sempre meno spazio. Non parliamo poi della libertà di stampa già messa severamente a rischio. Per non dire poi dell’inasprimento della repressione nei confronti del Pkk curdo e tutta l’incognita di nuovo aperta rispetto alla politica verso la Siria.Come vede le relazioni con gli Usa dopo la richiesta pressante da parte di Erdogan dell’estradizione dell’imam miliardario Gulen?Intanto Gulen si è autoesiliato. Erdogan tiri fuori le prove di un suo coinvolgimento nel golpe fallito, ma gli americani hanno ragione: senza quelle prove, nessuna estradizione è possibile. Si nota invece che uno dei primi atti di Erdogan è stato quello di fissare una visita da Putin: questo dopo l’abbattimento del velivolo russo.Non le pare sostanzialmente debole la posizione dell’Europa e dell’Occidente anche di fronte all’attentato di Nizza?Il nesso tra Turchia e Nizza purtroppo sta nella risposta sempre, proprio sempre, troppo debole dell’Europa di fronte a tutte le crisi: terrorismo, immigrazioni incontrollate, crisi finanziaria, sicurezza.Cosa dobbiamo fare come europei?Imparare la lezione israeliana. Israele si difende dalla minaccia terroristica da sempre e lo ha fatto non mettendo a rischio la propria democrazia, l’unica in quella parte del mondo. Abbiamo a che fare con un Medio Oriente in via di disfacimento, la guerra in Siria che dura da anni, con il conseguente esodo dei rifugiati destinato a durare. Per non parlare di quello che è successo in Egitto e del fallimento sostanziale delle cosiddette primavere arabe e il disfacimento di quello che era una volta un ordine statale post-bellico, con le famose frontiere Sykes-Picot.Dobbiamo imparare a vivere come se fossimo a Tel Aviv?Assolutamente sì. Anzi, se fossimo in una società europea intelligente dovrebbe essere nominato un commissario Ue alla sicurezza proveniente da Israele.Silvio Berlusconi ha proposto una grande coalizione internazionale che comprenda Putin e affronti alla radice l’Isis in loco. Che ne pensa?È la proposta dell’assoluto buon senso. Anche le sanzioni alla Russia (che hanno ovviamente una loro base giuridica) hanno provocato una distanza tra Putin e noi che ha prodotto un’ ulteriore debolezza strategica. Ma con Putin bisognerà trovare un modus operandi che dia spazio e ossigeno a questa potenziale alleanza contro il terrorismo islamico. O noi o loro!Trump ha parlato di crisi della leadership di Obama. Lei come giudica la conduzione da parte del presidente Usa?Malissimo. “Leading from behind” (guidare da dietro) è uno degli slogan più rinunciatari, più nocivi mai sentiti pronunciare da un presidente Usa. Se non sono gli Stati Uniti, paladini da sempre di tutte le nostre libertà, a dare una risposta al terrorismo islamico, chi deve farlo? Abbiamo capito benissimo che l’Europa da questo punto di vista non esiste. E prima ancora c’è stato l’abbandono di Mubarak. Un vero disastro.Se fosse in Usa, chi voterebbe?Convintamene Hillary Clinton.Craxi, lo statista che difese l’Occidente ma tenne vivo il dialogo nel Mediterraneo, cosa avrebbe fatto oggi?Si sarebbe speso fino all’ultimo per trovare una soluzione per la crisi siriana. È inaudito che dopo 5 anni nulla sia cambiato in quello scacchiere conteso nel cuore del Medio Oriente, che è letteralmente in fiamme. Craxi come gli statisti della sua epoca, avrebbe perseguito ogni via diplomatica e di pace per non arrivare a questi sconquassi.