Stasera probabile la seduta fiume: la commissione presieduta dal 5S Perantoni contingenta i tempi. Il Carroccio si riserva il sì a proposte in linea coi referendum

Atre giorni dall’accordo maturato tra la ministra della Giustizia Marta Cartabia e i partiti di maggioranza sulla riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario, l’intesa tiene ma il voto sugli emendamenti non accelera. Per due motivi: da un lato ieri pomeriggio ci sono stati dei rallentamenti in commissione Giustizia alla Camera perché, tra l’altro, la deputata Giusi Bartolozzi del gruppo Misto ha chiesto di votare le proposte già ritirate dalla maggioranza, costringendo a convocare un Ufficio di presidenza ad hoc solo per rimettere ordine nei lavori; dall’altro lato, la fiducia posta dal governo sul decreto Bollette ha bloccato fino a stasera anche i lavori della commissione Giustizia. Qualora l’esecutivo decida di “blindare” l’approvazione di un testo, il regolamento di Montecitorio infatti obbliga a fermare tutte le sedute anche delle commissioni per ventiquattr’ore. Il presidente della commissione Giustizia Mario Perantoni ha annunciato che oggi convocherà un Ufficio di presidenza per stabilire i tempi dell’esame: di sicuro cominceranno al termine del voto di fiducia, quindi attorno alle 20. Sia i relatori del provvedimento sul Csm, Eugenio Saitta e Walter Verini, che altri deputati di maggioranza presenti in commissione hanno dato per inevitabile che si vada verso una seduta notturna fiume. Mancano infatti da votare circa 150 emendamenti. Ieri si è fatto in tempo ad approvare la correzione, presentata dai relatori, all’emendamento 1.26 del governo sull’articolo 1 della riforma, che estende anche ai magistrati contabili e amministrativi il riordino della disciplina del collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari. Respinta invece la proposta di Bartolozzi, che interveniva sempre sull’emendamento 1.26 del governo, ma prevedendo anche «l’eliminazione del cumulo di compensi e lo svolgimento in contemporanea delle funzioni». Ipotesi che aveva ricevuto il sostegno del deputato di Italia Viva Cosimo Ferri, il quale aveva detto: «Il fatto che il governo non metta paletti sulle indennità dei magistrati che vanno fuori ruolo vuol dire non essere coerenti con l’attenzione necessaria verso i bisogni delle famiglie in momenti difficili. L’emendamento Bartolozzi vieta le doppie indennità. Così, il governo tutela le doppie indennità» . Intanto proprio Italia Viva ha confermato l’intenzione di mantenere gli emendamenti presentati, mentre il Carroccio, da quanto si è appreso, procederà a un ritiro progressivo delle proposte di modifica non concordate con il l’esecutivo, in base agli articoli di volta in volta esaminati, e non invece a un ritiro complessivo. Il capogruppo del Carroccio in commissione, Roberto Turri, ha dichiarato all’agenzia Public Policy che «la Lega ha provveduto al ritiro degli emendamenti fino all’articolo 11» del ddl delega, «non conoscendo ancora le riformulazioni del governo sull’articolo 12 e seguenti». Tuttavia, ha spiegato all’Adnkronos il deputato di Azione Enrico Costa, la Lega «ha anche chiesto una cosa assolutamente comprensibile: in pratica dice ‘ noi votiamo tutto quello che vota il governo, ma consentiteci, se c’è un emendamento che rispecchia fedelmente il referendum ( promosso con il Partito radicale, ndr), di non cadere in contraddizione: lo votiamo, sappiamo che non passerà perché le altre forze di maggioranza non lo voteranno, ma evitate di volere a tutti costi farci rimangiare una battaglia che abbiamo fatto’. Penso sia una richiesta che non va drammatizzata sul piano politico».

Infine, sull’ipotesi di uno sciopero delle toghe per protestare contro la riforma e di cui ha parlato l’Anm ( come riferito in altro servizio del giornale, ndr), Costa chiosa: «Se ci fosse uno sciopero, sarebbe una ritorsione sulla pelle dei cittadini rispetto a questioni che non attengono al sistema giustizia ma alle rivendicazioni specifiche dell’Associazione nazionale magistrati. Riterrei questa scelta veramente anomala rispetto a quello che dicono sempre, cioè di voler lavorare per il sistema di giustizia complessivamente inteso. Ma non mi stupisco più di niente».

La seduta di ieri era iniziata alle 13, poi alle 15 è già arrivata la sospensione dei lavori a cui è seguita una riunione dell’Ufficio di presidenza, in cui si è deciso di contingentare i tempi per la discussione degli emendamenti. Contro il contingentamento si sono espressi diversi esponenti dall’opposizione. Secondo la deputata Carolina Varchi, capogruppo in commissione Giustizia di Fratelli d’Italia, «la via crucis della riforma del Csm è l’ennesima fotografia di una maggioranza balcanizzata. Ho denunciato come sempre la compressione totale dei diritti dell’opposizione che stavolta coincidono con le prerogative parlamentari». Ugual pensiero quello di Andrea Colletti, capogruppo di Alternativa, la formazione creata dagli ex 5 Stelle: «Dopo aver atteso ben sette mesi che il governo facesse i propri emendamenti e dopo aver aspettato tre mesi per i pareri dell’esecutivo sugli emendamenti dei gruppi, ecco che si materializza un’altra limitazione democratica proveniente dal M5S, Pd, Forza Italia e Lega Nord».

La riforma è attesa in Aula il 19 aprile, dopo Pasqua, ma prima ci sono i giorni di festa e il tempo stringe. «Faremo di tutto e di più per rispettare la data fissata, nel rispetto delle prerogative parlamentari», ha assicurato il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto.