GUERRA DI NERVI

Dopo giorni di scontri e audio rubati, sulla scena rimane Meloni. È lei la vincitrice.

A Giorgia vince la sua scommessa: mette su il governo che voleva e in tempi record

Nasce un esecutivo politico e con i connotati di una destra tradizionalista

Difficile immaginare tempi più rapidi: Giorgia Meloni voleva battere un record, ci è riuscita. Giurerà stamattina: per la fiducia non sarebbe cambiato niente anche se il nuovo governo fosse entrato in funzione domani o lunedì. Comunque la fiducia sarebbe stata votata martedì alla Camera e mercoledì al Senato. Ma la nuova premier non sarebbe stata davvero tale in tempo per l'arrivo di Macron a Roma e si sa che ci teneva.

La prima premier donna nella storia italiana non ha solo bruciato i tempi. Ha anche vinto il lungo braccio di ferro interno alla maggioranza. Qualche mediazione c'è stata né poteva essere altrimenti ma nel complesso il governo che nascerà oggi corrisponde al profilo che la presidente del consiglio aveva in mente sin dall'inizio. È un governo fortemente politico e con i connotati di una destra tradizionalista, più vicino al fondamentalismo cattolico che non al postfascismo. In questo senso sono rilevanti alcuni nomi: quello di Eugenia Roccella al ministero della Famiglia diventato anche della Natalità e delle pari opportunità, quello di Alessandra Locatelli alle Disabilità ma anche di Genny Sangiuliano, peraltro ottimo giornalista, alla Cultura e di Alfredo Mantovano, tornato alla politica dopo 10 anni di lontananza e già nella vecchia An rappresentante dell'area più tradizionalista, nella postazione chiave di sottosegretario alla presidenza del consiglio. Ma la nuova inquilina di palazzo Chigi ha affidato la rassicurazione identitaria anche a una serie di slittamenti semantici significativi. Oltre a quello del ministero della Famiglia è cambiato il nome dell'Agricoltura, che ora è anche della Sovranità alimentare e quello dell'Istruzione, con l'aggiunta di del Merito. Lei stessa non ha mai parlato di Paese ma sempre di «Nazione» . Sono elementi significativi. Confermano l'intenzione di dar vita a un esecutivo con un orizzonte politico e valoriale preciso, certamente tradizionalista, a tratti reazionario. Ma nel nocciolo duro la leader tricolore ha privilegiato il pragmatismo.

Per Esteri, Interno, Difesa ed Economia ha scelto nomi in grado di rassicurare e garantire sia sul fronte dell'europeismo che su quello dell'atlantismo e il fatto che due di questi nomi siano i numeri due della Lega e di Fi, Giorgetti all'Economia e Tajani agli Esteri, costituisce un elemento di forza, non di debolezza. Si tratta infatti di figure allo stesso tempo di certificata lealtà nei confronti dei rispettivi leader ma anche distanti dai versanti più radicali e tribunizi di quei leader. La stessa logica peraltro ha guidato la selezione dei Fratelli da promuovere ministri: Urso allo Sviluppo e Crosetto alla Difesa sono entrambi moderati e rassicuranti, i due capigruppo Lollobrigida all'Agricoltura e Ciriani ai Rapporti con il Parlamento lasciano intendere che Giorgia voglia al governo con lei anche una pattuglia di fedelissimi. Tra i quali non figura a sorpresa il suo vero alter ego, Giovanbattista Fazzolari, che però potrebbe rientrare in veste di segretario generale di palazzo Chigi, dunque in continuo e strettissimo contatto con la premier. A meno che Meloni non intenda affidargli la presidenza del gruppo al Senato vacante dopo la nomina di Ciriani, cioè di quella che sarà di nuovo la prima linea per il governo.

La vera vittoria di Giorgia Meloni però sta nell'aver tenuto duro nelle sfide sui nomi che la hanno vista contrapposta prima a Salvini sull’Interno, affidato con comune soddisfazione al prefetto Piantedosi, poi a Berlusconi sulla Giustizia, assegnata a Nordio come la premier intendeva fare sin dall'inizio. Senza contare il caso Ronzulli: una prova di forza che ha messo addirittura in pericolo la nascita del governo di destra.

La partita è appena cominciata. Le difficoltà vere per la premier cominciano ora: sul fronte esterno, con la crisi e la guerra che già la assediano, ma anche su quello interno perché l'occhiata di sufficienza che Berlusconi e Salvini si sono scambiati nel momento più solenne, mentre l'incaricata annunciava di essere stata da loro indicata come futura premier, poi il tweet di Salvini, che riesce a non nominarla proprio, lasciano intendere quanto superficiale e poco convinta sia per entrambi gli alleati l'accettazione della sua leadership. Però il primo passo, la formazione del governo, è un punto importante che Giorgia Meloni è riuscita a segnare.