Gestire Nordio. E come? Giorgia Meloni si lascia scappare una frase, piccola ma rivelatrice: «Quello che provo a metterci io è il buon senso». Lo dice ad Algeri a proposito degli “ascolti”. Dopo aver chiarito che, certo, è necessario «mettere mano alle cose che non funzionano, e sicuramente quello che non funziona è un certo uso che si fa alle volte delle intercettazioni». Allora è d’accordo con il “suo” guardasigilli Carlo Nordio? Sì, ma fino a un certo punto. E quel punto è lì dove finisce la riforma e inizia lo scontro (d’altra parte inevitabile) con la magistratura. Che la presidente del Consiglio vuole evitare: «Credo che questo sia un tema a cui bisogna mettere mano e credo che per mettere mano a questo tema non ci sia alcun bisogno di uno scontro tra politica e magistratura. Credo anzi che si debba lavorare insieme». Non la pensa in modo del tutto sovrapponibile Silvio Berlusconi. Che poche ore prima non è che rinfocoli proprio l’antico conflitto con le toghe, ma ci va molto, molto vicino: «Il nostro obiettivo non è certo un conflitto fra politica e magistratura. Le nostre riforme non sono contro i magistrati, sono per i cittadini», è la finta da maestro del Cavaliere. Chi ci abbocca si trova subito preso d’infilata: le riforme non devono essere pensate apposta per colpire i pm ma, «certo, incontrano l’ostilità di alcuni settori politicizzati della magistratura. Alcuni di questi magistrati», infierisce l’ex premier, «sono passati direttamente dai loro uffici giudiziari alle aule del Parlamento, nelle file dei 5 Stelle. Questo dimostra quanto poco quei magistrati potessero essere imparziali».

Eccolo, il Berlusconi che vede nel guardasigilli Nordio una sorta di vendicatore. E che ne abbraccia i toni più aspri, quelli con i quali il titolare della Giustizia, giovedì scorso, ha esortato deputati a non essere «supini ai pm», cioè ai suoi ex colleghi. Il leader di Forza Italia ci va a nozze: a parte quelli che sono scesi nell’agone politico vero e proprio, vanno considerati quegli altri magistrati che «sono rimasti nelle correnti di sinistra dell’ordine giudiziario». E non è più tollerabile che le intercettazioni diventino il pretesto per «trattare tutti gli italiani come sospetti mafiosi o sospetti terroristi». Ecco, perciò, conclude Berlusconi, «sosterremo con convinzione le proposte sulla giustizia annunciate dal ministro Nordio: lo Stato di diritto e la libertà dei cittadini sono grandi temi sui quali non ci si dovrebbe dividere, sui quali maggioranza e opposizione, politica e magistratura dovrebbero lavorare insieme. Noi siamo pronti a farlo». Una dichiarazione suona come un tentativo di arruolamento del guardasigilli nelle file di Forza Italia. D’altronde gli azzurri, aveva premesso il Cavaliere nel suo videomessaggio social, possono finalmente contare su un guardasigilli «di cultura liberale e garantista», dunque profondamente affine alla loro.

Ah, non è finita qui. L’intervento filmato di Berlusconi è ricco, e non ne va trascurato un passaggio apparentemente solo elegiaco ma che contiene un suadente avviso ai naviganti, innanzitutto agli alleati il cui orientamento sulla giustizia è meno incondizionatamente garantista, cioè quello di Meloni, Fratelli d’Italia, e quello di Salvini, la Lega. Le proposte sulla giustizia annunciate da Nordio, dice il leader di FI, «trovano un significativo consenso anche oltre il perimetro della maggioranza». Si riferisce al Terzo polo, ovviamente. Ad Azione e Italia viva. Che insieme con Berlusconi e i suoi costituiscono ormai il “partito di Nordio”. Forse minoranza rispetto all’area moderata complessivamente intesa. Ma senza quel fronte trasversale - visto che ne fa parte pure FI - la maggioranza non esisterebbe più.

Berlusconi solletica così i pensieri molesti che più infastidiscono la presidente del Consiglio. L’idea che dietro le posizioni forti del guardasigilli sulla giustizia si consolidi una sorta di maggioranza-ombra, allargata appunto al Terzo polo. La prospettiva non piace affatto né a Meloni né ai suoi. Che negli ultimi giorni hanno fatto il possibile per stemperare l’attacco di Nordio agli ex colleghi sulle intercettazioni, ma anche sugli «errori giudiziari» come quello ai danni di Mario Mori, hanno spinto il ministro a scandire in Aula «che giustizia è questa che si scaglia contro i più fedeli servitori dello Stato?». Soprattutto il sottosegretario che a via Arenula rappresenta Fratelli d’Italia, Andrea Delmastro, si è prodigato nel fine settimana per chiarire il perimetro di una possibile riforma delle intercettazioni. Ma già il viceministro Francesco Paolo Sisto ha poi anticipato, sul Corriere della Sera di ieri, la convinta adesine di FI alla linea del ministro. E poi è arrivata, ieri pomeriggio, la prova che, nell’insinuarsi fra le contraddizioni giudiziarie del centrodestra, il Terzo polo ha un talento unico: con un emendamento al Milleproroghe a prima firma Scalfarotto, i centristi infatti ripropongono tutte le misure sul carcere soppresse dal centrodestra: il mancato rientro serale in cella per i detenuti in semilibertà e la conversione della pena inframuraria in domiciliari fino a 18 mesi. Norme volute da Bonafede in pieno covid, e sulle quali non solo FI potrebbe convergere, ma che troverebbero entusiasti i moderati del Pd.

Meloni insiste: «Credo che si debba lavorare per capire dov’è che il meccanismo, per lo Stato di diritto, non funziona, e cercare le soluzioni più efficaci». Ma attorno a Nordio rischia di vedere andare in tilt equilibri in cui avrebbe scommesso a occhi chiusi.