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Meryl Streep, l'anti-diva per eccellenza e per molti madre cinematografica è finalmente arrivata a Roma per presentare il suo ultimo film, Florence Foster Jenkins e per essere la protagonista dell'incontro ravvicinato condotto da Antonio Monda sui film più significativi della sua carriera e le attrici italiane a cui si è ispirata. Ancora una volta, l'attrice nata in New Jersey, si è cimentata con un personaggio realmente esistito, la Florence Foster Jenkins del titolo, una soprano diventata famosa per la sua totale mancanza di abilità nel cantare e per la sua passionale ostinazione a farlo. A causa di una silfide contratta dal marito che le causò problemi alle mani, Florence rinunciò alla carriera di pianista e virò le sue attenzioni sul canto. Dal primo spettacolo risalente al 1912, la soprano ha continuato ad ostinarsi e perseverare nella musica fino alla veneranda età di settantasei anni quando arrivò ad esibirsi alla Carnegie Hall. Il regista Stephen Frears decide di raccontarne le stonate gesta partendo proprio dal 1944, nel periodo che precede lo spettacolo della svolta. Accanto a Meryl Streep, in uno dei suoi ruoli migliori e più illuminati Hugh Grant, il marito e manager di Florence, l'inglese St. Clair Bayfield. «Hugh mi ha detto che aveva paura di lavorare con me ma sono tutte stronzate secondo me, credo me l'abbia detto per farmi sentire a mio agio e lusingarmi». Bayfield è una marito protettivo e devoto, ha rinunciato alla sua carriera per fare da schermo alla moglie ed impedire che si renda conto di come la sua voce viene percepita dal pubblico: ridicola. La signora Jenkins nella sua testa canta divinamente, ogni suono che esce dalla sua bocca è armonioso, studiato, frutto del duro lavoro di una vita. «Solo chi canta senza cuore è imperdonabile» ed è in virtù di questa passione che contrasta con la mancanza di talento che questo personaggio era una sfida perfetta per Meryl Streep: «Florence è animata da uno spirito infantile che le ha permesso di andare avanti. Crescendo, perdiamo il senso del gioco e la capacità di immergerci completamente in una storia. Non credo che Florence abbia mai perso questa capacità di coinvolgersi ed è questa la qualità che il marito amava di lei». Hugh Grant è perfetto nell'interpretare l'amore (prettamente platonico), la devozione ed il sacrificio, caratteristiche che abbiamo spesso ritrovato in passato in ruoli affidati ad interpreti femminili. Non deve essere stato facile stonare così sonoramente per un'artista che all'età di dodici anni ha studiato canto lirico con il sogno di diventare una famosa soprano. Per poter cantare male, bisogna prima imparare a controllare perfettamente la propria voce. Grazie al vocal coach Arthur Levy, Meryl Streep ha affinato la sua tecnica vocale per mesi per poi procedere a disfare tutto e mandare all'aria il lavoro fatto."Perfettamente in parte" può considerarsi l'espressione più usata per definire il lavoro di Meryl Streep. Lei è stata tanto profondamente Francesca di I Ponti di Madison County quanto Miranda Presley di Il diavolo veste Prada. Meryl è sempre riuscita ad "essere" i suoi personaggi con la stessa intensità con cui ha mostrato la sua dirompente e materna personalità fuori dal set.«Ogni singola donna che ho avuto la fortuna di interpretare ha la stessa importanza per me» dichiara sorridente l'attrice e prosegue «di ogni donna che interpreto, devo raccontarne la storia, devo difenderla, devo impegnarmi a mostrarvi chi è, ognuna di loro merita un posto speciale. Continuerò a valorizzare ogni personaggio fin quando mi verranno offerti dei ruoli». Come si riesce a nascondersi in un personaggio senza prevaricarlo? «Ho sempre voluto recitare perché ho sempre trovato una sorta di piacere proibito nell'immergermi in una vita diversa. Quando ti immagini il dolore di qualcun altro impari qualcosa del tuo dolore, se immagini la loro gioia, puoi concederti di sentirti sollevata». Durante l'incontro con il pubblico, dopo una clip struggente tratta da I Ponti di Madison County, Meryl Streep continua a battersi la mano sul petto, all'altezza del cuore. Un gesto simbolico che dimostra quanto recitare sia per lei il modo migliore di connettersi con il mondo e di veicolare le emozioni. Nella sua carriera nessuna vera battuta d'arresto ma innumerevoli rinascite tra cui quella di Mamma Mia. Non ha grandi rimpianti ma un solo ruolo che avrebbe voluto interpretare e che invece fu dato a Jessica Lange: Sweet Dreams di Karel Reisz.Le elezioni presidenziali americane sono sempre più vicine e alla domanda di routine sui candidati, l'ironia caustica dell'attrice non si fa attendere: «Non credo di dovermi pronunciare sul sessismo della campagna di Trump, credo stia facendo un ottimo lavoro tutto per conto suo. Sono sicura che fra una ventina di giorni avremo come Presidente, Hilary Clinton e mi sembra una buona notizia». Dalle donne forti nella politica, si è passati, durante l'incontro a cercare i modelli di attrici italiane a cui la Streep si è ispirata negli anni in cui si è formata professionalmente. Due nomi imperano, in bianco e nero, sullo schermo dell'Auditorium: Silvana Mangano e Anna Magnani. La sua erede? un'italiana, Alba Rohrwacher: «Un'attrice che sicuramente ammiro è Alba Rohrwacher, credo che sia incredibilmente speciale».Non è veramente Festa senza regali e Meryl rappresenta ciò che di più prezioso un cinefilo possa desiderare.