Non sarà il nuovo Statuto dei lavoratori ma qualcosa almeno comincia a muoversi nella giungla senza diritti che finora governava i destini della working class contemporanea: i rider. Commissione e Consiglio europei hanno infatti trovato un accordo provvisorio su una direttiva che punta a migliorare le condizioni di chi lavora sulle piattaforme sotto il controllo diretto di un algoritmo e dell’intelligenza artificiale.

Sono circa 28 milioni i “ciclofattorini” che in Europa lavorano per 500 piattaforme, molti di loro però al momento sono considerati lavoratori autonomi, privi dunque di diritti tipici del lavoro subordinato come ferie, contributi, malattia e salario minimo (nei Paesi in cui la norma esiste). È un esercito di “faticatori” su cui si basano le economie a capitalismo avanzato, fatte di merci da spostare con velocità ed efficienza. Una nuova classe operaia coloratissima - in pettorina arancione, gialla, verde, viola, per citare i più comuni - eppure finora invisibile sul versante dei diritti. In sella a una bicicletta, su un motorino o su un monopattino, i rider bussano quotidianamente alle case degli italiani per consegnare richieste altrui. Il moderno e l’antico si mescolano in una tipologia di lavoratori gestiti da una “macchina” come nei vecchi film di fantascienza, ma senza alcuna tutela come nelle foto dei primi del Novecento.

Come lo scatto, divenuto icona di un’epoca, che ritrae 11 operai americani in pausa pranzo seduti su una trave sospesa a 250 metri di altezza. Era il 1932 e in piena Grande depressione quegli uomini, impegnati nella costruzione Rockefeller Center di New York, rappresentavano una speranza di rinascita da edificare sul rischio delle loro vite. Le pause pranzo dei rider sono meno spettacolari, spesso consumate frettolosamente a piccoli gruppi su una panchina, ma restano il ritratto di una nuova era, quella della gig economy.

Una nuova epoca che potrebbe essere arrivata a un punto di svolta, grazie all’accordo raggiunto in Europa il 13 dicembre che prova a mettere ordine sulla disciplina dei contratti. Obiettivo primario: affermare un vincolo di dipendenza con l’azienda o con la piattaforma, per porre fine al fenomeno dei finti autonomi. Con le nuove norme europee, se un rider riterrà più conveniente trasformare la sua partita Iva in un contratto da lavoro subordinato potrà presentare ricorso. Toccherà al datore di lavoro dimostrare eventualmente che il rapporto non è subordinato. I criteri stabiliti in sede europea per determinare il tipo di rapporto lavorativo sono cinque: limite massimo alla quantità di denaro che si può guadagnare, presenza di una supervisione delle prestazioni, anche per via digitale, tramite algoritmi o intelligenza artificiale, controllo sulla distribuzione o assegnazione dei compiti, controllo sulle condizioni di lavoro e restrizioni sulla scelta dell’orario, restrizioni alla libertà di organizzare il lavoro e norme su aspetto o comportamento.

Se almeno due di questi criteri sono presenti nel rapporto lavorativo, la piattaforma dovrà sottoscrivere un contratto da dipendente. «Si tratta di un accordo rivoluzionario e del primo quadro legislativo per i lavoratori delle piattaforme digitali», ha detto l’eurodeputata del Pd, Elisabetta Gualmini, commentando l’accordo raggiunto tra Consiglio e Parlamento sulla direttiva rider. «Permette trasparenza e responsabilità per gli algoritmi, diritti migliori per i lavoratori meno protetti nel mondo e una concorrenza leale per le piattaforme. Oggi possiamo dire a 40 milioni di lavoratori delle piattaforme che l’Europa è lì per loro, anche per i lavoratori più precari. Sono onorata di essere stato responsabile di questo cambiamento rivoluzionario». Con questo nuovo pacchetto di norme, lavoratori europei delle piattaforme digitali non potranno più essere licenziati automaticamente dagli algoritmi. Come accaduto lo scorso persino a Sebastian Galassi, un rider 26 enne fiorentino licenziato da Glovo con un messaggino automatico sull’app per non aver effettuato una consegna. Un messaggio che Sebastian non ha mai potuto leggere, perché era appena morto sul lavoro, in un incidente stradale, proprio mentre portava a destinazione l’ultimo carico.

Attualmente, le persone che lavorano su piattaforme non conoscono i parametri dell’algoritmo che gestisce la loro giornata lavorativa, né sanno come i loro comportamenti incidano sulle decisioni prese dai sistemi automatizzati. Con le nuove regole, le piattaforme saranno obbligate a forniranno queste informazioni ai lavoratori e ai loro rappresentanti. «Se dipendi completamente da un algoritmo, da una macchina, per l'organizzazione del lavoro, per le tue pause, per la velocità con cui devi fare le consegne e le tue ferie, è molto difficile considerarsi un lavoratore autonomo. E allora sei un lavoratore, sei un dipendente e meriti di avere diritti sociali», ha spiegato ancora l’eurodeputata dem Elisabetta Gualmini. Adesso la palla passerà al Parlamento europeo che entro febbraio dovrebbe approvare la direttiva. Da quel momento in poi la legge potrà entrare in vigore e gli Stati membri avranno due anni per recepirla. Non sarà il nuovo Statuto dei lavoratori ma almeno un primo passo di civiltà è stato compiuto.