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carcere suicidi italia
Il giorno dopo la morte in carcere di Susan, 43 anni, che si è lasciata morire di fame e di sete e di Azzurra, 28 anni, che si è impiccata nella sua cella, non è solo il carcere di Torino “Lorusso e Cutugno” l’emergenza carcere ritorna di attualità, proprio mentre arriva la notizia dell’ennesima tragedia nel carcere di Rossano, dove un detenuto originario di Lamezia è stato trovato senza vita nella sua cella. È il numero 47 dall’inizio dell’anno. Le circostanze esatte del grave atto sono ancora poco chiare, ma secondo quanto trapelato, il detenuto si sarebbe tolto la vita. La procura di Castrovillari ha avviato un'indagine e ha sequestrato la salma.
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, ha effettuato una visita al penitenziario torinese in mattinata per «dimostrare la sua vicinanza». Ma al suo arrivo, all’interno del carcere delle Vallette, si sono levati fischi e urla. «Non si tratta di una ispezione - ha subito spiegato - ma di una manifestazione di vicinanza del ministro e del suo staff in questo momento di dolore, ma anche di vicinanza alla direzione e alla polizia penitenziaria che soffre di gravi carenze di organico e di difficoltà operative che sono dall’inizio di questo governo, all’attenzione massima del ministero». Per Nordio «Ogni suicidio in carcere è un fardello che angoscia ogni volta e affligge tutti i detenuti in molte parti del mondo ed è spesso imprevedibile». «Ho saputo - ha poi sottolineato - che non si è trattato di sciopero della fame o di opposizione al governo o alla politica. Erano tutte sotto strettissima sorveglianza. Non siamo entrati nello specifico e non sarebbe una nostra competenza, la nostra competenza è prendere atto della sofferenza in cui si trova questo carcere come molte altre carceri italiane». Secondo il ministro «dobbiamo trovare forme alternative, alcune esistono già come i domiciliari e altre, ma queste non sono sufficienti a colmare i gap tra necessità di garantire sicurezza e garantire trattamento rieducativo. Si può fare solo aumentando la disponibilità di edilizia carceraria è unica soluzione è riadattamento delle caserme».
Il guardasigilli ha indicato una strada: «Cercheremo quella che vorrei chiamare una detenzione differenziata nel senso che tra i detenuti molto pericolosi e quelli di modestissima pericolosità sociale c’è una situazione intermedia che può essere corretta e addirittura risolta con l’utilizzo di molte caserme dismesse e che hanno degli spazi che consentono i due grandi correttivi all’aspetto afflittivo della pena il lavoro all’aperto e l’attività sportiva».
Ma Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, replica alle parole del ministro: «Ha parlato ancora una volta di edilizia penitenziaria e, ancora una volta, va ribadito che non servono più carceri, ma servono carceri piene di attività e attenzione per le persone detenute. Oggi in tutte le strutture si registrano assenze di personale: dai direttori, agli agenti penitenziari, agli educatori, fino a medici, psicologi, psichiatri, mediatori culturali. In questo modo chi è in servizio fa fatica e le persone detenute non possono ricevere le attenzioni che richiederebbero e nei tempi certi che meriterebbero». Per Gonella aprire nuove carceri «non servirebbe a rendere più dignitosa la pena, non passando questa solamente da un aumento degli spazi che, peraltro, si potrebbero liberare attraverso un maggiore ricorso a misure alternative alla detenzione. Oggi ci sono circa 8mila persone detenute con un residuo pena che potrebbe garantire loro di scontare la pena fuori dal carcere».
Di misure alternative parla anche in una nota il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato, e giudica lodevole l’intento del ministro della Giustizia Nordio che vuole combattere il sovraffollamento carcerario. «Ma non basta parlarne soltanto a ridosso di Ferragosto, quando questi temi per le visite di rito tornano di attualità. Basta applicare le leggi che già ci sono. Da decenni, ad esempio, è in vigore una norma che consente di far scontare pene alternative presso le comunità terapeutiche ai detenuti tossicodipendenti che abbiano riportato anche condanne fino a sei anni. Questa norma viene usata pochissimo. Per inerzia della Magistratura, per un mancato funzionamento della burocrazia, per la complessità delle procedure», sottolinea Gasparri, che aggiunge: «Non c’è bisogno di fare una nuova legge, come qualcuno, ignorando la norma in vigore, proponeva tempo fa. Basta applicare le leggi che ci sono. Rilanciando il ruolo delle comunità terapeutiche e la cultura del recupero dalle dipendenze, dell’alternativa al carcere per affrontare percorsi molto più utili a chi è caduto nel gorgo della droga. Nordio, ci vuole un minuto per avviare questo percorso. Non bisogna nemmeno fare norme nuove. Basta avere la volontà politica. Su questo ho presentato una mozione in Parlamento perchè credo che, prima delle grandi riforme, indispensabili, il funzionamento delle leggi che già ci sono sarebbe un ottimo biglietto da visita per questo governo. Servono fatti, altrimenti si rimane agli annunci».
Molto la critica la posizione del Pd espressa da Debora Serracchiani, reposnsabile Giustizia del partito: «La visita non basta, è urgente intervenire ma il carcere non sembra una priorità per questo governo. Il ministro Nordio ha infatti bocciato tutti i nostri emendamenti sul carcere, primo fra tutti quello che rimedia ai tagli al Dap fatti in legge di Bilancio e quello sul personale amministrativo Uepe». Serracchiani, evidenzia che «il ministro torna a parlare di caserme ma intanto è stata abbandonata l’edilizia penitenziaria con la bocciatura del Fondo per l’edilizia e architettura penitenziaria che abbiamo proposto più volte. Non sono stati finalizzati fondi stanziati in legge di Bilancio per il carcere con il nostro emendamento. Anche sulla salute mentale in carcere e sui suicidi Nordio ha bocciato la proposta del Pd di erogazione di un incentivo per psichiatri, psicologi e per il personale sanitario che lavora in carcere. Giace in commissione Giustizia alla Camera la nostra proposta di indagine conoscitiva sulla salute mentale in carcere».
Sulla tragedia nel carcere torinese monsignor Roberto Repole, arcivescovo di Torino e Vescovo di Susa, ricordando che nel carcere delle Vallette sono recluse 129 donne su oltre 1400 ristretti, in uno dei penitenziari italiani più sovraffollati e con il più alto tasso di suicidi, parla di «grido di dolore che ferisce tutti: non possiamo stare a guardare. Ancora una volta due nostre sorelle non hanno trovato nessuna speranza di libertà a cui aggrapparsi se non la morte. Mentre ci raccogliamo in preghiera per loro, diamo voce allo scandalo per due decessi che interpellano tutti. Non possiamo “abituarci” a queste notizie: in un Paese civile, nessuno dietro le sbarre deve sentirsi condannato a morte, ma deve trovare nel tempo della pena motivi speranza per il futuro come recita l’art. 27 della nostra Costituzione».
Anche per il sindaco di Torino, Stefano Lorusso, occorre «migliorare al più presto la situazione nelle carceri e soprattutto in quello di Torino. Le condizioni sanitarie e psicologiche delle persone che si trovano a scontare una pena, così come le condizioni di lavoro del personale di custodia, sono una priorità».