«Basta, mollo tutto e vado in pensione. Sono stanca di presentare ricorsi che tanto non sortiscono alcun effetto contro il Csm», dichiara al Dubbio Maria Rosaria Sodano, attualmente giudice presso la Corte d’Appello di Milano. La vicenda della dottoressa Sodano sicuramente sorprenderà anche chi pensa di aver visto tutto nella storia della giurisdizione italiana.

Dopo una vita trascorsa al Palazzo di giustizia di Milano, a settembre del 2015 Sodano decide di presentare domanda per un incarico semidirettivo: presidente di sezione civile in Tribunale. Un’aspirazione più che legittima per una toga dal curriculum ricco e variegato. Esclusa la Cassazione, Sodano ha infatti svolto tutte le funzioni che offre la giurisdizione: giudice, sia al civile che al penale, in primo e secondo grado, pm, magistrato di sorveglianza. Le valutazioni di professionalità sono sempre state ottime. Particolarmente lusinghiera, poi, quella dell’ex presidente della Corte d’Appello di Milano, Giuseppe Tarantola, magistrato noto alle cronache per essere stato il giudice del processo Enimont. Sulla carta, quindi, le chance dovrebbero essere buone. Archiviato il requisito dell’anzianità di servizio, gli incarichi di vertice negli Uffici giudiziari vengono assegnati dal Csm in base al parametro del “merito” e della “attitudine”.

Il tentativo però non va a buon fine ed a luglio del 2016 il Plenum punta su un’altra toga. So- anni di nomine a Palazzo dei Marescialli. La riforma voluta dal governo Renzi di abbassare da 75 a 70 anni l’età massima di trattenimento in servizio dei magistrati ha determinato centinaia di scoperture. Posti che il Csm mette a bando senza soluzione di continuità e con ritmo frenetico. In totale saranno oltre 1000 le nomine effettuate dall’attuale consiliatura. Considerando queste numerose vacanze organiche, a marzo del 2016 il Csm mette a concorso un’altra presidenza di sezione civile al Tribunale di Milano. Sodano presenta nuovamente domanda che, il successivo luglio, il Csm boccia però per la seconda volta.

Finiti i tentativi in primo grado, Sodano punta allora alla Corte d’Appello. Giocando in casa, crede, ci saranno maggiori possibilità di successo. A luglio del 2016 presenta dunque domanda per presidente di sezione civile in Corte. Ma anche questo terzo tentativo fallisce: a giugno del 2017 nuova bocciatura del Csm. Il giudice Sodano, nonostante tre bocciature in stecca, non si perde d’animo e decide di impugnarle al Tar. Il Csm tenta di resistere ma il giudice amministrativo stronca le scelte effetno tuate dall’organo di autogoverno delle toghe. «Non è stata fatta alcuna valutazione comparativa fra i candidati», scrivono i giudici, Sodano in tutti e tre i casi era la più titolata e qualificata.

A non perdersi d’animo questa volta è il Csm. Non ottempera alle sentenze del Tar e presenta ricorso. La strategia difensiva del Csm viene bocciata in toto dalla Quinta sezione del Consiglio di Stato, presidente Giuseppe Severini. Gli appelli sono respinti in blocco con contestuale condanna al pagamento delle spese, oltre agli oneri di legge ( compreso il contributo unificato per ciascun ricorso, si raggiunge la cifra record di 20mila euro e rotti, che il Csm ha già versato nei giorni scorsi al giudice Sodano). «In questo momento ci sono tre presidenti di sezione a Milano che non dovevano essere nominati dal Csm», dice Sodano, forte delle sentenze del Consiglio di Stato. Un triplete che comunque non sposta una virgola, in quanto «il Csm di norma non ottempera alla pronunce della giustizia amministrativa, riproponendo i medesimi candidati bocciati». Motivo, questo, che spiega come mai i ricorsi delle toghe contro le nomine siamo molto pochi.

Per uscire dall’impasse, la prassi del Csm è la cosiddetta “compensazione”: ai ricorrenti viene proposto alla prima favorevole occasione un posto alternativo rispetto a quello per il quale avevano inizialmente fatto domanda.

Sodano, però, non ha voglia di aspettare la nomina “riparativa” da parte del nuovo Csm che si insedierà a settembre. Sulla decisione di appendere la toga al chiodo a fine anno è irremovibile.