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Il presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati, Franco Livera
Nelle ultime settimane il Foro di Piacenza è al centro delle cronache. Il motivo? La grave carenza di organico negli uffici della procura della Repubblica. Una situazione diventata ormai insopportabile che ha portato ad alcune chiusure programmate disposte dalla procuratrice Grazia Pradella e all’astensione dalle udienze, proclamata dalla locale Camera penale, dal 13 al 15 settembre prossimi.
«Il nostro Tribunale – dice al Dubbio il presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati, Franco Livera -, che in passato aveva sofferto non poche carenze di organico di magistratura, poi, per fortuna, ovviate, oggi è gravemente deficitario, anche se non dovunque nella stessa misura, quanto al personale amministrativo. In alcuni ambiti, nonostante le datate quanto vane richieste e segnalazioni degli stessi dirigenti degli uffici, alle quali il Coa si è sempre affiancato, la situazione è drammatica, come nel caso della procura della Repubblica, dove a fronte di 30 unità in organico ne risultano in servizio sette e il periodo feriale non fa che acuire tale stato di cose. Ciò determina la perdurante compromissione dell’esercizio della funzione defensionale, financo nelle più elementari e concrete esplicazioni, quali la tempestiva ed efficace assunzione della difesa penale dell’assistito, il deposito della nomina nel fascicolo, per parlarci chiaro, ovvero il tempestivo accesso agli atti o il deposito di quelli di formazione dell’avvocato. Ci auguriamo che qualcuno finalmente ascolti e prenda provvedimenti adeguati, perché la situazione è ben oltre la mera precarietà. Compromette sia il lavoro degli stessi magistrati, sia l’attività professionale, sia infine la tutela dei cittadini».
Oltre ai noti problemi che affliggono la procura, il presidente Livera si sofferma sulle condizioni in cui versa l’avvocatura piacentina, partendo da un’analisi generale. «Svolgere la professione forense – commenta - è diventato sempre più difficile negli ultimi anni. Ormai è un fatto notorio, figlio di tante cause, lontane e vicine. L’aumento esponenziale degli iscritti per diversi decenni, la progressiva perdita di chances reddituali, la scellerata parificazione della libera professione al commercio e le conseguenti misure di pseudo- liberalizzazione, che, in realtà, a voler parafrasare, hanno tolto ai poveri per dare ai ricchi, ovvero ai potentati economici, liberi di dettare condizioni contrattuali indecorose. I numeri dell’accesso alla professione con la progressiva rarefazione dei praticanti e con la doverosa precisazione che un buon numero di quelli che si iscrivono lo fanno come “piano B”, rispetto a mete professionali ritenute ben più appetibili, prima fra tutte la magistratura. Nel nostro Ordine risultano iscritti al 31 dicembre scorso, al registro speciale, 75 praticanti, erano 82 l’anno prima e 89 nel 2021. Questo dato non rende però merito alla rapidità del decremento. Basti dire che nei primi sette mesi del 2023 le iscrizioni non superano la quindicina».
In tanti – e non solo tra i più giovani - negli ultimi anni hanno fatti scelte professionali che potremmo definire drastiche. Lo dicono i numeri dell’allontanamento dalla professione. «Non solo dei giovani – afferma il presidente Livera -, la cui scelta in proposito è certamente più comprensibile in ragione delle difficoltà economiche, ma anche della generazione dei sessantenni, molti dei quali aspettano con ansia l’avvio al pensionamento accompagnato dalla pronta cancellazione dall’albo. Una realtà, quest’ultima, che costituisce una novità rispetto alla tradizionale permanenza dell’avvocato nell’attività di studio anche in vecchiaia e che la dice lunga sull’impatto che hanno avuto i cambiamenti sul nostro lavoro, non solo, dunque, in termini di quantità dei compensi. Oggi sembrano cogliersi segnali di comprensione e controtendenza. Penso alla normativa sull’equo compenso. Anche se, non dimentichiamoci, quando una categoria professionale necessita di una legge per tutelarsi, dimostra implicitamente la sua fragilità».
L’Ordine di Piacenza ha registrato 14 cancellazioni dall’albo nel 2020, 17 nel 2021 e 21 nel 2022. «Nella nostra professione – riflette il presidente del Coa - occorrono quindici anni, mediamente, per giungere ad una stabilizzazione reddituale e anche professionale in termini di strutturazione dello studio, perciò il posto fisso ha sicuramente un appeal significativo. Speriamo almeno che questo porti con sé un miglioramento di performances nella PA, uno svecchiamento e un approccio più rispondente alle sfide, anche tecnologiche, che ci attendono». In futuro, secondo l’avvocato Livera, ci saranno sempre meno toghe. «È prevedibile – conclude - e non deve scandalizzarci. Certo, pone problemi specialmente alla distanza, per esempio in termini di sostenibilità del sistema previdenziale. A Piacenza, almeno per ora, l’impatto è numericamente impercettibile. Nel 2020 il nostro Ordine aveva 726 iscritti, ne aveva 722 nel 2021 e sono tornati 726 nell’anno successivo, dei quali 336 uomini e 386 colleghe».