La professione legale deve essere esercita nel rispetto dei principi fondamentali di lealtà e correttezza, non solo verso i clienti rappresentati ma anche nei confronti dei terzi e della controparte. Questi valori costituiscono un canone generale dell'agire di ogni avvocato, sottolineando la sua responsabilità nel tutelare l'affidamento che la società ripone in lui come professionista integro e imparziale in ogni aspetto della sua attività legale. Questo è il monito ribadito dal Consiglio Nazionale Forense nella recente sentenza n. 38/2023.

Nel caso oggetto di disputa, un avvocato ha fatto ricorso al Cnf contro una sospensione disciplinare di tre mesi inflitta dal Consiglio Distrettuale di Disciplina del Veneto. La decisione è stata presa a seguito di un procedimento disciplinare instaurato nei confronti dell'avvocato per rispondere a diverse accuse riguardanti gravi violazioni dell'integrità e della correttezza richieste nella professione legale.

Il CDD ha argomentato in modo coerente la sua decisione, basandosi non solo sulle dichiarazioni dell'accusatore, ma anche sulla documentazione e le dichiarazioni dell'avvocato incriminato. Durante il procedimento, l'avvocato ha riconosciuto alcune delle proprie condotte scorrette, ammettendo di aver falsificato firme e di aver commesso errori procedurali. Tuttavia, ha cercato di giustificare le sue azioni affermando di essere stato pressato dai clienti e di aver agito per tranquillizzarli, ma il CDD non ha condiviso tale rappresentazione. Il Cnf sottolinea che la responsabilità dell'avvocato è chiaramente riscontrabile riguardo alla violazione dei canoni professionali, in particolare dell’art. 9 del Codice Deontologico Forense.

Secondo il Cnf, l'avvocato ha violato i principi di lealtà e correttezza, che costituiscono la base del rapporto con il cliente e determinano l'affidabilità della professione agli occhi della collettività. Nonostante la gravità dei comportamenti tenuti dall'avvocato e la chiara responsabilità nelle violazioni, il Cnf ha considerato alcuni fattori mitiganti. La mancanza di precedenti procedimenti disciplinari e il comportamento generale dimostrato dall'accusato durante il procedimento hanno influenzato la decisione del Cnf di ridimensionare la sospensione dall'esercizio della professione da tre a due mesi.