Roma, 1 dic. (Adnkronos/Labitalia) - In Italia solo una piccolissima percentuale (8%) delle aziende è del tutto pronta a implementare e sfruttare le tecnologie basate sullIntelligenza Artificiale, mentre il 3% è del tutto impreparata. Il 63% rientra invece nella categoria delle aziende 'follower', ossia preparate solo in parte, con un 26% che ritiene di avere un grande focus sullIA, anche se non è del tutto pronto. Sono questi i dati princpali che emergono dalla 1a edizione del AI Readiness Index di Cisco, una ricerca che ha coinvolto oltre 8.000 aziende in tutto il mondo per tracciare lo scenario di un mercato in cui ladozione dellIA sta accelerando tanto da produrre una trasformazione profonda, con impatti decisivi su quasi tutti gli aspetti della vita quotidiana e dellattività delle imprese. Dal report emergono delle mancanze significative rispetto a infrastrutture e aree chiave per il business, che generano rischi per il prossimo futuro. Ladozione dellIA in realtà è cresciuta lentamente per decenni, ma levoluzione dellIA generativa unita alla disponibilità per il vasto pubblico ha prodotto sfide, cambiamenti e nuove possibilità. Nonostante l84% dei manager intervistati ritenga che lIA avrà un impatto rilevante sulloperatività della propria azienda, non vanno sottovalutati gli aspetti legati a privacy dei dati e sicurezza. La maggiore complessità che si deve affrontare riguarda la capacità di sfruttare lIA con i propri dati, e l82% pensa che le difficoltà nascano dal fatto che i dati aziendali sono in 'silo', quindi non facilmente disponibili in modo integrato. Nello studio viene evidenziata però una nota positiva: le aziende italiane stanno agendo in modo proattivo per prepararsi a un futuro in cui lIA sarà centrale. Riguardo alla costruzione di una strategia, circa un terzo delle aziende è stato classificato come 'pacesetter', ovvero pienamente preparato, il che indica un focus degli executive e della leadership It sul tema, che si rispecchia anche nel fatto che il 95% dichiara che nella loro azienda lurgenza di implementare tecnologie IA è aumentata negli ultimi 6 mesi, con due aree di applicazione prioritarie: nellinfrastruttura It e nella cybersecurity. La corsa per prepararsi allIA è partita, e cè una forte pressione per passare dalla pianificazione strategica allesecuzione, per capitalizzare il potenziale di trasformazione di questa tecnologia, ha dichiarato Liz Centoni, Executive vicepresident e General Manager, Applications e Chief Strategy Officer di Cisco. "Per sfruttare i vantaggi dei prodotti e dei servizi basati sull'IA, le aziende hanno bisogno di soluzioni che offrano sicurezza, osservabilità per i loro modelli e strumenti IA, così da garantire le prestazioni, proteggere dati e sistemi sensibili, fornire risultati affidabili ottenuti in modo responsabile, ha aggiunto. La prima edizione dellAI Readiness Index di Cisco ha evidenziato, rispetto allIA, 6 fattori principali. Eccoli nel dettaglio. 1.Strategia: siamo sulla buona strada. Il 73% delle aziende italiane è pronta o in buona parte pronta; il 92% dichiara di avere già o di stare sviluppando una strategia IA ben definita. Un valido segnale, anche se cè ancora da fare. 2.Infrastruttura: le reti non sono strutturate per le esigenze dei carichi di lavoro IA. Il 95% delle aziende, a livello globale, sa che lIA aumenterà i carichi di lavoro che linfrastruttura deve gestire. Punto dolente in particolare nel nostro paese: solo il 24% ritiene di avere in azienda uninfrastruttura altamente scalabile, necessaria per supportare lenorme aumento dei carichi di lavoro che lIA comporta. Il 68% ritiene di avere una scalabilità limitata, o nessuna scalabilità per quanto riguarda la capacità delle infrastrutture It a disposizione per vincere le nuove sfide dellIA. Per oltre tre quarti (77%) il problema è procurarsi ulteriori Gpu grafiche, ma vi sono anche problemi di latenza e capacità. 3.Dati: non dimenticarsi di avere i dati 'pronti per lIA'. I dati sono la spina dorsale di unoperatività che sfrutti lIA, ma è anche larea in cui cè meno preparazione in assoluto, con il 27% delle aziende italiane del tutto impreparate (verso un 17% globale). L82% delle aziende nel nostro Paese afferma che i dati nella loro organizzazione sono in parte non integrati o frammentati. Questo è un ostacolo grave perché la complessità di integrare dati che risiedono in diverse fonti e renderli disponibili per le elaborazioni dellIA può incidere sulla capacità di sfruttare le applicazioni basate su intelligenza artificiale in tutto il loro potenziale. 4.Competenze per lIA: una nuova era di digital divide. I membri dei consigli di amministrazione e il top management sono le persone che più facilmente abbracciano il cambiamento dellIA nel mondo e anche in Italia, dove l85% e il 78% mostra rispettivamente una ricettività elevata o moderata sullargomento. Tuttavia cè ancora molto da fare per coinvolgere sia le figure di management intermedie, dove si riscontra un 25% che non è ricettivo o lo è in modo molto limitato, e sia i dipendenti, dove si riferisce di un 33% di persone che hanno poca o nessuna disponibilità ad adottare lIA. Inoltre, la necessità di avere competenze specifiche sullIA rivela una nuova era di digital divide. In Italia il 94% dichiara di aver investito per riqualificare in tal senso i dipendenti già attivi, mentre il 27% ha espresso dubbi sulleffettiva disponibilità di sufficiente personale dotato delle conoscenze necessarie. 5.Governance: una falsa partenza per ladozione di policy IA. Il 77% delle organizzazioni italiane dichiara di non avere policy IA onnicomprensive, ma questa è unarea da affrontare se le aziende vogliono considerare e governare tutti i fattori che possono presentare rischi, in termini di fiducia del mercato e fiducia nella tecnologia. Questi fattori sono la privacy dei dati e la sovranità, la comprensione delle normative globali e il rispetto delle stesse. Inoltre si deve fare molta attenzione a temi come i bias, lequità, la trasparenza nei dati e negli algoritmi. 6.Cultura: poca preparazione ma molta motivazione per renderla una priorità. Questo pillar ha la quota più bassa di aziende 'pacesetter' (del tutto pronte) che sono il 7%, rispetto alle altre categorie. Il 13% non ha dei piani di change management, e coloro che li hanno, nell85% dei casi sono ancora in progress. Gli executive sono i più ricettivi al cambiamento interno allazienda che lIA comporta, e devono quindi guidare lo sviluppo di piani completi e comunicarli chiaramente al management intermedio e ai dipendenti che già, come visto, hanno livelli inferiori di accettazione culturale. La buona notizia è che la motivazione ad agire per il tema culturale è alta. Otto su dieci hanno dichiarato che la loro organizzazione sta prendendo in considerazione lIA con un livello di urgenza moderato o elevato, e solo l1% ha riferito di essere del tutto resistente al cambiamento.