La caccia al volto del mostro femminicida è partita subito: appena è stata battuta la notizia del ritrovamento a Frosinone del cadavere della povera Romina De Cesare, la donna di 36 anni uccisa a coltellate dall'ex fidanzato Pietro Ialongo, tutte le testate sono andate alla ricerca spasmodica del volto dell'assassino. E purtroppo il Corsera ha pubblicato quella dell'uomo sbagliato: stesso nome, stesso cognome, anch'egli molisano  ma completamente estraneo all'orribile delito. Un grave errore di superficialità che ha portato il malcapitato a chiarire sulla pagina Facebook la situazione: "Volevo dirvi che non ho ammazzato nessuno, c'è stato uno sbaglio di persona". Quanto accaduto ci dice due cose: in primis che la correttezza della notizia molto spesso ormai soccombe alla velocità nel darla. Ciò equivale a dare informazioni errate, parziali, non verificate - uno dei peggiori errori che un giornalista possa compiere - soprattutto se di mezzo ci sono i diritti dei cittadini. La seconda cosa che questo episodio ci porta a dire è che la cronaca dei fatti, nuda, pura e veritiera sempre più lascia spazio al "voyeurismo giudiziario", che ha tra i suoi elementi costitutivi il cosiddetto 'effetto lombrosiano' dell'uomo nato per uccidere, per cui i comportamenti criminali sarebbero determinati da predisposizioni di natura fisiologica, i quali spesso si rivelano anche esteriormente. Quindi subito caccia alla foto per riconoscervi i tratti omicidiari. L'amara conclusione è che la nostra categoria si sta lamentando tanto della norma di recepimento della direttiva europea sulla presunzione di innocenza, quando invece dovrebbe guardare al proprio interno per imparare meglio a fare questo mestiere.