Non ci saranno sorprese nel voto dell'aula di palazzo Madama sull'autorizzazione a procedere contro l'ex ministro degli Interni Salvini per il caso della nave "Gregoretti". Casomai è più possibile che quelle sorprese arrivino, ma in senso sfavorevole al leader leghista, quando il 18 febbraio il presidente della giunta Maurizi Gasparri si esprimerà sull'altra autorizzazione a procedere, quella per il caso della "Open Arms". Gasparri, che per la "Gregoretti" si espresse contro l'autorizzazione, ha infatti definito "molto più complesso" il dossier sulla "Open Arms", nel quale sarebbe agli atti un esplicito contrasto tra il premier, ora come allora, Conte, che avrebbe insistito per lo sbarco dei profughi, e l'allora ministro, che lo aveva invece negato. L'eventualità di un voto a sorpresa oggi è molto remota. Fi e FdI chiederanno quel voto, perché senza la richiesta formale di 20 senatori verrebbe automaticamente convalidato il parere della giunta che fu favorevole all'autorizzazione solo grazie al voto leghista, e poi, come già in commissione, si esprimeranno contro. La lega non voterà, come ha ribadito ieri Salvini affermando che "se la maggioranza voterà per l'autorizzazione la Lega non si opporrà". Il margine di dubbio, sino alla vigilia, era rappresentato dal voto di Italia viva, che per la verità aveva sin dai primi momenti assicurato che, lette le carte con attenzione, aveva deciso di schierarsi a favore dell'autorizzazione. Con la guerra sulla prescrizione che infuria nella maggioranza, però, c'era chi sospettava una sorta di "vendetta" renziana proprio al momento del voto su Salvini. Era comunque una suggestione poco credibile e lo è diventata del tutto dopo la retromarcia dei soci di maggioranza, che hanno rinunciato a trasformare il "lodo Conte bis" sulla prescrizione in emendamento al Milleproroghe. E' solo una tregua, la battaglia divamperà di nuovo quando Conte deciderà come portare in aula il loro (probabilmente come emendamento al ddl Costa, nonostante l'assurdità di un emendamento che capovolge completamente il senso del ddl originario). Ma sino a quel momento Renzi non ha alcun interesse a provocare il disastro, soprattutto su un tema come la necessità anche per i parlamentari di "difendersi nel processo e non dal processo". La seconda sorpresa possibile è ancor meno ipotizzabile. Si tratterebbe infatti dell'uscita allo scoperto di un cospicuo manipolo di senatori pentastellati che dovrebbero cogliere l'occasione per passare dall'altro lato della barricata schierandosi a favore di Salvini. Però è molto dubbio che quel manipolo esista davvero e per rovesciare l'esito del voto dovrebbe non solo esistere ma anche essere molto nutrito. In politica, e in particolare in una situazione sfilacciata come quella del Parlamento italiano, tutto è sempre possibile, però l'esito del voto di oggi sembra davvero già scritto. Il via libera all'autorizzazione a procedere aprirà certamente i cancelli sull' "Open Arms", caso nel quale la difesa dell'ex ministro è più ardua. Il voto non creerà particolari fibrillazioni a botta calda. I compenso getterà le basi per tensioni future che potrebbero rivelarsi molto superiori a quelle, già notevoli, a cui abbiamo assistito negli ultimi due anni. Se infatti Salvini verrà rinviato a giudizio anche per uno solo dei due procedimenti e tanto più se la vita della legislatura si prolungherà per un paio d'anni almeno, si potrebbe arrivare alle elezioni politiche con il leader della destra ineleggibile ai sensi della legge Severino oppure, circostanza ancor più terremotante, con il processo in corso. Sarebbe una circostanza ancor più destabilizzante. Il processo offrirebbe al leader leghista un palco permanente, supporterebbe la sua campagna elettorale ma allo stesso tempo lo manterrebbe sotto la spada di Damocle della condanna e dell'ineleggibilità. Inevitabilmente, in quel caso, il voto si trasformerebbe in un referendum sul leader della destra, col fortissimo rischio di mettere poi in conflitto il verdetto dell'elettorato e quello della corte incaricata di giudicare l'ex ministro.