La data ora c’è: lunedì 10 febbraio. Sarà quello il giorno in cui la riforma del processo penale approderà in Consiglio dei ministri, dove il guardasigilli Alfonso Bonafede arriverà dopo mesi di braccio di ferro con i partiti di maggioranza sul tema della prescrizione. E dopo aver ricucito i rapporti, salvando, di fatto, la tenuta della coalizione, tocca passare alla madre di tutti i problemi: i tempi del processo. Bonafede, a margine dell’apertura dell’anno giudiziario amministrativo a Firenze, lo assicura a microfoni aperti: la riforma del processo penale assicurerà ai cittadini «certezza e brevità dei tempi, con l’eliminazione di ogni tipo di isola di impunità». L’obiettivo «condiviso nella maggioranza» è quello di velocizzare l’iter e far arrivare la lunghezza massima del processo fino a tre anni. «Ci vorranno due anni per arrivare a regime e saranno inseriti dei meccanismi anche sanzionatori, nei confronti dei giudici, se i termini non verranno rispettati», si legge nella lettera inviata da Bonafede ai partiti di maggioranza.

La nuova riforma, che conta 35 articoli, fissa a un anno la durata del primo grado - ma non per reati quali mafia o terrorismo -, due anni per l’appello e uno per la Cassazione. Tempistiche che potranno essere variate soltanto dal Csm, sulla base del carico di lavoro degli uffici giudiziari e dei processi pendenti. Ma non solo: una delle novità è quella delle sanzioni previste per i giudici che “rallenteranno” gli iter processuali, con la possibilità di subire anche qui procedimenti disciplinari. Per presentare appello, gli avvocati dovranno ricevere una specifico mandato da parte dell’imputato dopo la condanna. La scrematura dei tempi dibattimentali passerà anche dall’abolizione dell’obbligo di riascoltare i testimoni sentiti in primo grado. Inoltre nel caso in cui l’appello non venisse convocato entro due anni, la difesa potrà chiedere la fissazione immediata dell’udienza.

La norma prevede scadenze più strette per le indagini preliminari, con la possibilità di chiedere una sola proroga alle indagini, per un termine non superiore ai sei mesi. I tempi saranno di «sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato per i reati puniti con la sola pena pecuniaria o con la pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni sola o congiunta alla pena pecuniaria; un anno e sei mesi dalla stessa data quando si procede per taluno dei delitti indicati nell’articolo 407, comma 2, del codice di procedura penale; un anno dalla stessa data in tutti gli altri casi». Ma è previsto anche un più ampio ricorso a riti alternativi, con l’aumento del limite di pena per il patteggiamento a otto anni di reclusione e l’esclusione dai riti speciali per reati come strage, omicidio, infanticidio. Per l’accesso all’abbreviato condizionato non si guarderà solo al principio di economia processuale, ma anche ai requisiti di rilevanza e novità dell’integrazione probatoria. La bozza prevede anche una scala di priorità nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi, con precedenza assoluta per i processi relativi ai delitti colposi di comune pericolo. Nella riforma, infine, verrà ridisegnata anche la geografia del Csm, che potrebbe essere composto da 20 togati ( oggi sono 16) e 10 laici ( oggi 8), per un totale di 30 membri. Salta l’ipotesi di nomina tramite sorteggio: il voto dei membri togati avverrà in 19 collegi che verranno definiti dal ministero della Giustizia. Passa al primo turno chi raccoglierà la maggioranza dei voti, altrimenti è previsto il ballottaggio con i due candidati più votati.

«Come ministro della Giustizia ha sottolineato Bonafede - sto portando avanti un ampliamento della pianta organica dei magistrati che non si è mai visto nella storia della Repubblica». Il riferimento è ai circa 600 posti in più per i magistrati e a un piano di assunzioni di circa 9mila unità per gli uffici giudiziari. La prossima settimana, ha annunciato infine, verrà inoltre istituito un tavolo permanente all’interno del ministero per la valutazione dell’impatto delle leggi sul sistema giustizia.