Quella cosa di mordere il cane per fare notizia non l’ho mai capita del tutto. Me la dicevano quando ero alle prime armi, dove sono poi rimasto, per spiegarmi cos’è una notizia: “che un cane morda un uomo non interessa a nessuno, la notizia c’è quando un uomo morde un cane”.

Poi succede che tre ladri entrano in una villetta a Monterotondo, armeggiano per rubacchiare qualcosa, il padrone di casa sente dei rumori, impugna la pistola e va a vedere cosa accade. Lui è uno, loro tre, prendono paura tutti, qualcuno scappa, qualcun altro spara. Ci scappa il ferito, sembra grave. C’è una legge nuova non ancora in vigore, però esiste il principio della retroattività della legge favorevole, in base al quale non si può essere puniti sulla base di una legge che non c’è più.

Fin qui tutto bene. Interessante, se ne parla, si scrive, si intervista lo sparatore che dice a ragione le sue ragioni. Ma perbacco, siamo ancora ai cani che mordono gli uomini! Cosa c’è di strano in tutta la vicenda?

Eppure di strano ci sarebbe, per il cronista che scava nell’attualità, per l’uomo con il fiuto per lo scoop. Infatti uno dei componenti il trio dei ladri, immigrati, forse clandestini, certo non upper class, è ferito, sembra gravemente. I tre fuggono in macchina nella notte, non sanno cosa fare. Hanno però una consapevolezza: vivono in un paese civile, timorato di Dio si sarebbe detto un tempo, nel quale esiste il rispetto per la vita umana. Il ragazzino perde sangue, rantola, ha il respiro affannato, bisogna fare qualcosa. I saggi malviventi fanno la cosa giusta: depositano il ferito davanti all’ospedale Gemelli. Lo affidano allo Stato Italiano, quell’istituzione che in parecchi si divertono a vilipendere, per di più a uno dei suoi comparti con la stampa meno favorevole: la sanità. E qui il morso lo prende il cane. Un ragazzino di sedici anni, del quale si sa poco ed è corretto che sia così per la privacy di un minorenne, viene accolto con prontezza dai sanitari. Nessuno chiede chi sia o cos’abbia fatto, come sia arrivato davanti all’ospedale. Viene curato, trasfuso di sangue, portato d’urgenza in sala operatoria come nei serial americani, la televisione serve pure a qualcosa - e gli salvano la vita.

A lui come a qualsiasi altro. Gratis. Poi si vedrà chi deve pagare, non importa, una vita è stata salvata senza che nessuno volesse vedere carte di credito o si domandasse quanto sia costato salvarla. È il servizio sanitario nazionale, la più sparlata delle eccellenze italiane che ancora una volta, come in tantissime altre occasioni, ha funzionato come un orologio ( una clinica) svizzero.

Scrivo queste righe con una punta d’orgoglio. Sono contento di essere italiano. Agli ultimi mondiali di calcio non ci siamo qualificati, è vero, ma sono cose che succedono, invece avere ospedali che si comportano come il Buon Samaritano non è da tutti. Teniamoceli stretti.