È la US- Saratoga. Il nome che da anni gli investigatori italiani andavano cercando. La Saratoga è la portaerei da cui, nella notte del 27 giugno 1980, si alzarono in volo due caccia da combattimento la cui presenza era stata notata dai radaristi della difesa aerea vicino al Dc9 Itavia prima che esplodesse con 81 persone a bordo a largo di Ustica. Per anni era stato impossibile conoscere da dove questi aerei fossero decollati. Solo nel 1999 la Nato comunicò la presenza di una portaerei di uno Stato del Patto Atlantico al largo di Napoli al giudice istruttore Rosario Priore che stava indagando sulla strage senza però indicarne la nazionalità. Grazie alle dichiarazioni rilasciate al giornalista Andrea Purgatori da Brian Sandlin, un militare che nell’estate del 1980 faceva parte dell’equipaggio di quella portaerei americana, dall’altro giorno quel nome è stato svelato. «Dalla Saratoga - ha affermato Sandlin - decollarono la sera del 27 giugno 1980 due Phantom F- 4 completamente armati. E al loro ritorno non avevano più l’armamento... il capitano Flatley ( comandante della Saratoga), attraverso gli altoparlanti disse che durante le operazioni di volo due MIG libici erano venuti incontro in assetto aggressivo ed erano stati abbattuti». Sandlin, che è in pensione e vive in Texas, è pronto a ripetere tutto davanti ai magistrati della Procura di Roma che indagano ancora sulla strage.

Nato a Salerno nel 1939, Priore è il magistrato che si è occupato dei più grandi misteri italiani. Ha svolto indagini sull’omicidio Moro, sull’attentato a Papa Giovanni Paolo II e sul terrorismo eversivo degli anni 70. È stato, da giudice istruttore, l’estensore della sentenza ordinanza di oltre 5mila pagine con cui fu dichiarato il non luogo a procedere definendo ignoti gli autori della strage del Dc9 Itavia esploso sui cieli di Ustica. Ma priore è anche autore di diversi libri sulla più recente storia italiana e sul ruolo centrale ricoperto dell’Italia sullo scacchiere geopolitico, soprattutto nell’area mediterranea.

Giudice Priore, la risposta che stava cercando è arrivata.

Sì ed è la conferma che quella notte nei cieli sul mar Tirreno avvenne una battaglia aerea. Sono molto soddisfatto.

Quindi quanto da lei sempre sostenuto?

Nella sentenza ordinanza del 31 agosto 1999, a 19 anni dalla tragedia del Dc9 dell’Itavia, dove venne dichiarato il non luogo a procedere definendo ignoti gli autori della strage, scartai l’ipotesi della bomba a bordo e quella di un cedimento strutturale e scrissi che «l’incidente al Dc9 è occorso a seguito di un’azione militare di intercettamento. Il Dc9 è stato abbattuto, è stata spezzata la vita a 81 cittadini innocenti con un’azione che è stata propriamente atto di guerra con il nostro Paese di cui sono stati violati i diritti e i confini».

Aveva intuito tutto ma non è riuscito a provarlo.

Io non ho mai avallato l’ipotesi della bomba, tanto cara a molti politici italiani, né quella del missile. È difficile immaginare le pressioni che ho avuto in quegli anni. I muri che si alzavano all’improvviso. Gli ostacoli che ho dovuto affrontare. Ho fatto cento rogatorie agli Stati Uniti, molte risposte, spesso vaghe e incomplete. Il livello di segre-uova tezza con cui gli americani affrontano questa materia è altissimo.

E dalle autorità italiane?

L’inchiesta è stata da subito ostacolata da reticenze dell’aeronautica militare italiana che hanno avuto l’effetto di inquinare o nascondere informazioni su quanto è accaduto.

Cosa è possibile fare adesso?

I pm della procura di Roma Monteleone e Amelio hanno aperto un fascicolo su Ustica. Il reato di strage non si prescrive. Bisogna ripartire da questa testimonianza e insistere con le rogatorie.

C’e da aspettarsi finalmente un aiuto da parte del Governo italiano?

In questi anni l’Italia si è sempre schierata apertamente con queste grandi potenze straniere, mi riferisco alla Francia e agli Stati Uniti, le cui autorità hanno continuato a negare quanto accaduto. I politici italiani hanno sempre spinto per l’ipotesi della bomba a bordo. È fondamentale che il nostro Paese si ponga nei confronti di questi Stati con coraggio e senza ignavia.

Che altro è possibile fare?

È fondamentale coltivare la memoria per non disperdere questo patrimonio di conoscenza. I ragazzi, ad esempio, non sanno nulla di quanto accaduto quella notte sui cieli di Ustica. Bisogna scrivere di ciò il più possibile. Oppure facendo un film. Ma soprattutto è necessario condividere queste informazioni, partendo proprio dalla mia sentenza, per evitare che su tutto cali l’oblio.