IL COMMENTO

Un giudice che decide applicando la legge nell’esercizio della propria discrezionalità ( limitata dalla legge stessa) non dovrebbe fare notizia. Fa purtroppo notizia se il giudice decide seguendo la linea interpretativa più scomoda, la meno popolare, quella che non potrà trovare il plauso dettato dalle emozioni, ma piuttosto le conseguenti censure.

È indubbio che la valutazione di un provvedimento complesso e delicato per gli interessi in gioco, come quello sulla libertà personale, dovrebbe seguire solamente percorsi tecnici, ovvero dovrebbe essere appannaggio dei giuristi, fra questi per primi i magistrati dei gradi superiori. È ancora indubbio che non può pretendersi capacità di valutazioni scientifiche in capo a chi giurista non è, e dunque reazioni negative ad una decisione ' impopolare' sono inevitabili e giustificabili se provenienti da chi non riveste ruoli di responsabilità negli equilibri di una società civile.

Il problema si materializza quando le reazioni critiche diventano strumenti di irresponsabile gogna politico/ mediatica utilizzate da chi riveste grandi responsabilità nel sistema degli equilibri democratici, tra questi politici e operatori della comunicazione. Le analisi banali, non di rado volgari, certamente finalizzate primariamente ad acquisire consenso mediatico, si stanno sprecando nei confronti del giudice Ghini.  Va compreso che questa modalità di aggressione ' atecnica' e strumentale è di fatto il miglior sistema per aggredire il non rinunciabile valore della autonomia e dalla indipendenza del giudice.

È questo sistema fondato sul populismo giudiziario che sta mettendo in crisi l’indipendenza e l’autonomia dei magistrati, ma anche quella del Legislatore, ovvero è questo sistema, assieme al linguaggio d’odio, che sta minando le basi del nostro ( con) vivere civile.

Se poi dovessi scegliere tra un giudice che che decide di assolvere perché convinto dell’innocrenza, pur sapendo di andare incontro alla gogna mediatica, ed un giudice che, pur in dubbio sulla colpevolezza dell’imputato, decidesse per la condanna, io non avrei esitazione alcuna a scegliere il primo, per il bene dell’imputato certamente, ma ancor più per il bene del sistema giustizia, e quindi della nostra democrazia.