«Senza timore, il Presidente della Camera penale di Roma e i tutti i componenti del Direttivo si dichiarano disponibili ad affiancare e supportare nella difesa, a titolo gratuito, i colleghi impegnati nella difesa degli indagati del procedimento di Alatri». E’ una presa di posizione ferma, quella dei penalisti romani, che stigmatizzano senza mezzi termini i durissimi attacchi subiti dagli avvocati di Alatri che avevano assunto la difesa dei presunti autori del pestaggio che ha causato la morte del ventenne Emanuele Morganti. I legali, infatti, sono stati aggrediti fisicamente e minacciati sul web, in una escalation di violenza sia fisica che verbale al grido di “I delinquenti non devono essere difesi”. «E poco importa che, senza difesa, qualunque processo sia semplicemente un pubblico linciaggio», si legge nella nota della Camera penale della Capitale, che paragona ciò che sta succedendo nella cittadina laziale a fatti «svolti sotto il regno di Erdogan». Sulla stessa lunghezza d’onda anche l’Unione Camere penali italiane, che aggiunge: «i penalisti non si daranno condizionare nell’esercizio del loro dovere di difesa, contro la deriva mediatica dei processi di piazza, che fomenta le intimidazioni» . Gli attacchi ai parenti degli indagati sono stati feroci, tanto da imporre alle famiglie di lasciare il paese, e lo stesso è successo ai di- fensori. Su internet, infatti, circolano video in cui gli avvocati vengono minacciati di morte e nel foro la paura è stata tanta, al punto che nessuno ha accettato di difendere i due fratellastri fermati a Roma e accusati della morte del giovane Emanuele. Un clima tesissimo, dunque, tanto da far dichiarare all’avvocato Giampiero Vellucci, che ha subìto un’irruzione nel suo studio legale di Frosinone proprio a causa del mandato ricevuto dai due buttafuori del locale in cui è avvenuto il pestaggio, «Se rinunciassi alla loro difesa dovrei farlo in tutti i casi in cui mi trovo a difendere autori di reati anche gravi che vedono coinvolte delle parti offese. Sto esercitando il mio diritto- dovere di fare l’avvocato». Il bilancio del raid intimidatorio, però, sono due vasi rotti, un collega schiaffeggiato e la segretaria spintonata all’ingresso. I penalisti romani hanno anche criticato duramente anche la proposta di uno dei componenti del Csm di mettere sotto procedimento disciplinare il giudice che aveva disposto la scarcerazione, un giorno prima della rissa, uno degli indagati: «La logica è inoppugnabile: se lo avesse tenuto in carcere, non sarebbe stato protagonista dei fatti di Alatri». Una scelta, secondo la Camera penale di Roma, che lede l’indipendenza della magistratura in favore della gogna pubblica.

L’impegno preso dai penalisti romani, invece, va nella direzione di difendere «i diritti e le garanzie di qualunque imputato», in difesa del ruolo dell’avvocato nel processo.