«La notizia di reato astrattamente c’era. Stiamo parlando di soggetti che erano in Italia, su una imbarcazione italiana, privati della libertà personale», dice Oliviero Mazza, professore ordinario di procedura penale presso l’Università di Milano Bicocca.

Professore, il procuratore di Agrigento non ha invaso il campo della politica indagando il ministro dell’Interno?

Nessuna invasione di campo. Ricordo che vige il principio dell’habeas corpus, garantito dall’art. 13 della Costituzione. Ad ogni persona, cittadina o no, va garantita la libertà personale. Libertà che può essere limitata solo in forza di un provvedimento dell’Autorità giudiziaria. E il ministro dell’Interno non ha questo potere. Non si è trattato in questo caso di un respingimento.

L’iscrizione di Salvini è stato un atto dovuto da parte del magistrato Luigi Patronaggio?

Sì. Nel nostro Paese esiste l’obbligatorietà dell’azione penale. Non sono consentiti al magistrato margini di discrezionalità o di valutazione politica a fronte di una notizia di reato.

Ieri è stato trasmesso al Tribunale dei ministri il fascicolo. Ci spiega l’iter?

La legge prevede che il pm entro 15 giorni, accertata la natura ministeriale del reato, trasmetta gli atti al Tribunale dei ministri competente. Sarà questo organo inquirente composto da tre giudici a svolgere poi le indagini preliminari. Ove il collegio istruttorio intenda richiedere l’autorizzazio- ne a procedere anziché archiviare dovrà trasmettere gli atti alla Camera di appartenenza del ministro. Questo quindi l’iter da seguire indipendentemente dall’eventuale rinuncia all’immunità annunciata da Salvini.

Previsioni?

Nel caso in cui il Tribunale dei ministri decidesse di non archiviare, l’autorizzazione sarà respinta perché nella condotta di Salvini sarà ravvisata la sussistenza di un preminente interesse pubblico. Un voto diverso sarebbe una sfiducia nei confronti di Salvini e del governo, che dovrebbe dimettersi.

E se Salvini dovesse invece affrontare un processo?

Dando per scontato che il fatto tipico ci sia nei termini indicati, ritengo che la questione si incentrerà sulla presenza o meno del dolo. Salvini ha agito nella convinzione di impedire l’ingresso illegale di persone in Italia. Non certo per limitarne la libertà personale.

Cosa doveva fare allora Salvini?

Far scendere i migranti e trasferirli in un centro di identificazione. Non esiste l’arresto per il reato di ingresso clandestino. In caso ci fosse, si pensi alla ricadute enormi sul sistema penitenzia- rio.

È stata una prova di forza del ministro?

Sì. Mossa da un errore percettivo dello status di queste persone. Salvini sicuramente persegue il fine politico prevalente di contrastare l’immigrazione clandestina verso il Paese.

Il procuratore di Agrigento è stato accusato di essere andato oltre le sue competenze. Gli atti andavano trasmessi al Tribunale dei ministri “omessa ogni indagine”. A Palermo è arrivato un fascicolo di 50 pagine.

Qui c’è un vulnus nella norma. Diciamo che il procuratore ha svolto delle indagini “preliminari” proprio per accertate che fosse davanti ad un reato ministeriale.