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Avvocato Antonio De Renzis, difensore di Stasi
Le intercettazioni negate ad Alberto Stasi tornano ad alimentare tensioni e sospetti attorno al caso Garlasco. Un nuovo “giallo” emerge dalla documentazione depositata nelle ultime settimane e scatena un acceso botta e risposta tra i legali del 42enne detenuto a Bollate e l’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, oggi indagato a Brescia per corruzione. Al centro del confronto c’è la reale sequenza delle richieste di accesso ai file audio relativi alle intercettazioni di Andrea Sempio, il giovane che per un certo periodo era stato considerato possibile indagato alternativo nel delitto di Chiara Poggi.
Secondo quanto scritto dall’avvocato Antonio De Rensis in una nota indirizzata al procuratore di Pavia, Fabio Napoleone, «la precedente difesa non ha chiesto copia dei files audio». Una frase destinata a pesare nella ricostruzione degli eventi, soprattutto perché inserita in un documento che riporta due date differenti: il 23 giugno 2022 annotato a mano come deposito in segreteria e il 27 luglio 2022 indicato sotto la firma del legale. Nel mezzo si colloca il 13 luglio, giorno in cui De Rensis ha dichiarato di aver incontrato Napoleone in un confronto che, a suo dire, avrebbe segnato una svolta nella nuova inchiesta. Svolta di cui, tuttavia, non ha voluto rendere noti i contenuti.
La versione del penalista bolognese entra in netto contrasto con quella della collega Giada Bocellari, da anni volto storico della difesa Stasi. Bocellari ribadisce infatti di aver presentato a Venditti, insieme ai Giarda, ben quattro richieste per ottenere le intercettazioni nella veste di “terzo interessato”, tutte rimaste senza risposta. Gli atti depositati mostrano un quadro complesso, segnato anche da un errore materiale: si cita il 5 aprile 2016 come data di accesso al fascicolo, un’impossibilità evidente, visto che l’indagine su Sempio sarebbe iniziata nove mesi più tardi.
Dalla documentazione risultano comunque almeno cinque istanze: l’8 e il 10 novembre 2017, poi il 10 e il 23 gennaio 2018, seguite dall’1 febbraio. Le ultime due non furono neppure indirizzate alla Procura, ma al gip Fabio Lambertucci, il magistrato che in seguito avrebbe archiviato la posizione di Sempio. Le richieste erano finalizzate a ottenere le “captazioni informatiche, telematiche, telefoniche, ambientali” da utilizzare in un diverso procedimento penale, aperto a Bergamo per un caso di diffamazione contro i giornalisti Umberto Brindani e Giangavino Sulas. Accorgimento necessario, poiché la legge consente il rilascio delle intercettazioni a un soggetto terzo soltanto se intende utilizzarle in un altro processo “specificatamente indicato”.
Il nuovo fronte di tensione arriva mentre si avvicina una data chiave della vicenda: il 18 dicembre, davanti alla gip Daniela Garlaschelli, verrà discussa la perizia genetico-forense dell’incidente probatorio.
Il documento, firmato dalla genetista Denise Albani, introduce elementi che riportano al centro della scena Andrea Sempio e un altro soggetto maschile non identificato. Secondo la perizia, le probabilità che Sempio e un individuo sconosciuto abbiano contribuito a generare le tracce genetiche miste rinvenute sotto le unghie della vittima risultano da 17 a 2153 volte superiori rispetto all’ipotesi che siano state lasciate da due soggetti maschili non correlati né a lui né a Chiara Poggi.
Una forchetta ampia, che cambia sensibilmente in base alla banca dati genetica utilizzata: dai profili della metapopolazione dell’Europa occidentale, con 39.150 campioni, fino ai quasi 350mila della banca dati mondiale. Sul primo dito della mano sinistra le probabilità oscillano da 17 a 51 volte a favore del contributo genetico di Sempio, mentre sul primo dito della mano destra – nella classificazione convenzionale adottata dagli esperti – si arriva a valori compresi tra 476 e 2153 volte. Aumentando la distanza geografica dei database di riferimento, cresce anche il valore statistico, come hanno spiegato i consulenti della Procura di Pavia Carlo Previderè e Pierangela Grignani, invitando a utilizzare parametri coerenti con il contesto dell’indagine.


