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Rilievi e ricostruzioni 3D nell’abitazione della Famiglia Poggi Garlasco in via Pascoli
«Non è mai abbastanza tardi per rimediare a un errore giudiziario, ma ricostruire la responsabilità di una persona dopo venti o trent’anni da un evento delittuoso è cosa estremamente difficile». Con queste parole il ministro della Giustizia Carlo Nordio, ospite di “Porta a Porta” su Rai1, è tornato a commentare la nuova inchiesta sul delitto di Garlasco, definendola «una vicenda paradossale» che solleva interrogativi profondi sul rapporto tra verità processuale e giustizia sostanziale.
Il ministro ha ricordato che ogni indagine riaperta a distanza di decenni deve misurarsi con prove ormai deperite e difficoltà tecniche insormontabili, come nel caso dei reperti biologici o del Dna. «È sempre necessario rivedere un processo dove c’è una persona condannata se emergono nuove prove che dimostrano la sua innocenza», ha affermato Nordio, «ma la giustizia, trascorso troppo tempo, può non essere più in grado di ricostruire la verità».
Il nodo giuridico: la condanna definitiva di Stasi e la nuova indagine
Il caso Garlasco rappresenta un unicum nella storia giudiziaria italiana. Alberto Stasi, ex fidanzato della vittima Chiara Poggi, è stato condannato in via definitiva a 16 anni di carcere come unico responsabile dell’omicidio. Oggi, a distanza di vent’anni, la Procura di Pavia ha avviato una nuova inchiesta ipotizzando un omicidio in concorso e indagando Andrea Sempio, amico d’infanzia della giovane.
L’ipotesi contrasta però con il giudicato della Cassazione, che aveva stabilito che l’omicidio fu commesso da una sola persona. Per modificare tale sentenza, la legge prevede esclusivamente la richiesta di revisione del processo, che spetta alla difesa del condannato.
La nuova prova del Dna e la “prova MDX5”
A riaccendere i riflettori sul caso è stato un servizio del programma “Ore 14” di Rai2, che ha rivelato la presenza di una quantità “molto elevata” di Dna subungueale – ossia raccolto sotto l’unghia – sul mignolo della mano destra di Chiara Poggi. Secondo gli esperti, si tratta di Dna da contatto diretto, compatibile con un’azione di difesa e non giustificabile con una contaminazione accidentale. Il profilo genetico isolato sarebbe riconducibile ad Andrea Sempio, ma l’analisi – definita “prova MDX5” – risale a reperti estremamente limitati e mai sottoposti a esame nel 2007.
I legali di Sempio: «Solo la revisione può legittimare nuove indagini»
Gli avvocati Liborio Cataliotti e Angela Taccia, difensori di Andrea Sempio, hanno espresso piena condivisione con le parole di Nordio, ribadendo la necessità di distinguere i due piani: il giudicato su Stasi e la nuova indagine. «Solo una previa rivalutazione del primo processo, fondata su prove di innocenza, può giustificare una nuova indagine», hanno dichiarato i difensori. «Nel caso di Garlasco, il giudicato ha riconosciuto un reato monosoggettivo, cioè commesso da una sola persona. Senza revisione, la nuova indagine rischia di creare un corto circuito giuridico».
La difesa di Sempio sottolinea anche i costi umani e reputazionali di un procedimento «che rischia di rovinare la vita a un cittadino mai condannato e sottoposto a un’indagine che si sovrappone a una verità processuale già definita».
Un paradosso giudiziario
Il ministro Nordio ha definito la vicenda «un paradosso»: «O è vera la prima indagine, e allora un uomo innocente sta subendo oggi un processo che gli rovinerà la vita; oppure è vera la seconda, e allora un altro ha passato dieci anni in carcere ingiustamente. Se fossero sbagliate entrambe, saremmo davanti a un doppio errore giudiziario di cui nessuno risponderà».


