Si è aperto ieri mattina davanti alla Corte di appello di Perugia il processo di secondo grado per la vicenda legata al rimpatrio di Alma Shalabayeva - la moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, espulsa verso il Kazakhstan nel 2013 insieme alla figlia Alua - che ha portato alla condanna in primo grado, tra gli altri, di Renato Cortese e Maurizio Improta, all'epoca rispettivamente capo della Squadra mobile di Roma e dell'ufficio immigrazione.

Processo Shalabayeva, riaperta l'istruttoria

Davanti alla Corte d'appello si riaprirà l'istruttoria dibattimentale: la Corte, dopo oltre tre ore di camera di consiglio, ha accolto la richiesta delle difese di chiamare a testimoniare in aula l'ex procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, il pm Eugenio Albamonte e l'allora procuratore aggiunto Nello Rossi. I giudici non hanno invece accolto la richiesta di una delle difese di sentire come testimone l'ex consigliere del Csm Luca Palamara. Non accolta dal Collegio neanche la richiesta delle difese di acquisire agli atti le interrogazioni parlamentari sulla vicenda e le relative risposte, tra cui quella del deputato del Pd Carmelo Miceli alla quale ha risposto il sottosegretario all'Interno Nicola Molteni. «Non si ritengono indispensabili - ha detto il presidente della Corte, Paolo Micheli - poiché sono valutazioni già espresse in sede ispettiva e quindi già agli atti». Sullo sfondo del processo, la possibile prescrizione per alcuni dei reati contestati agli imputati, oggi tutti presenti in aula tranne il giudice di pace Stefania Lavore. Non era presente in aula neanche Alma Shalabayeva.

Processo Shalabayeva, in primo grado condannati Cortese e Improta

In primo grado Cortese e Improta sono stati condannati a cinque anni di reclusione e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Due anni e mezzo sono stati invece inflitti all'allora giudice di pace Stefania Lavore, cinque anni ai funzionari della mobile romana Luca Armeni e Francesco Stampacchia e quattro anni e tre anni e sei mesi a quelli dell'ufficio immigrazione Vincenzo Tramma e Stefano Leoni. In particolare per Cortese, Armeni, Stampacchia, Tramma, Leoni e Improta la condanna è per sequestro di persona. Gli imputati sono stati invece assolti da una decina dei capi d'accusa per falso ideologico abuso e omissione d'atti d'ufficio. È proprio sugli altri presunti reati di falso per i quali sono stati condannati che si potrebbe aprire l'ipotesi della prescrizione. L'udienza è stata rinviata al 4 aprile prossimo per ascoltare le testimonianze dei tre magistrati.