È ancora alta la tensione tra Report e il Garante per la Privacy dopo la sanzione comminata alla Rai per la diffusione dell’audio relativo alla telefonata tra il ministro Gennaro Sangiuliano e la moglie, la giornalista Rai Federica Corsini. A riaccendere lo scontro è la nuova inchiesta del programma di Rai 3, anticipata da Sigfrido Ranucci, che accusa l’Autorità di essersi “mossa su input politico”.

L’elemento su cui Report punta i riflettori è un filmato che ritrae Agostino Ghiglia, componente del Garante, entrare nella sede di Fratelli d’Italia in via della Scrofa poche ore prima della sanzione. In quella sede si trovava anche Arianna Meloni. «Manderemo in onda un documento importante – ha dichiarato Ranucci – Sarebbe interessante sapere se si sia parlato della sanzione a Report».

Ghiglia ha replicato al Corriere della Sera, confermando la visita ma negando ogni correlazione con il provvedimento: era lì, sostiene, per incontrare il direttore del Secolo d’Italia, Italo Bocchino, in vista della presentazione di due libri.

Il Garante, con una nota ufficiale, ha ribadito «la piena indipendenza di giudizio del Collegio». Secondo l’Autorità, la decisione è stata adottata «dopo ampia discussione e nel rispetto della procedura», e la maggioranza dei componenti ha votato in linea con la proposta degli uffici.

Nel dibattito è intervenuta anche Federica Corsini, moglie del ministro Sangiuliano e diretta interessata, che ha contestato l’idea di influenze esterne: «È fuorviante e palesemente difensiva la tesi secondo cui il Garante sarebbe stato mosso da valutazioni politiche. Io sono la principale vittima di quanto accaduto. Le decisioni dell’Autorità si fondano su fatti oggettivi e sulle valutazioni della Procura di Roma».

Il video, tuttavia, ha innescato una nuova offensiva politica. I parlamentari del Pd in Vigilanza Rai parlano di una «circostanza inaudita» per un’istituzione che «dovrebbe garantire terzietà assoluta». Non mancano richieste di chiarimento formale. Fratelli d’Italia respinge le accuse al mittente. Il senatore Costanzo Della Porta definisce «bizzarre» le tesi di Ranucci, ricordando che l’attuale Garante è stato eletto nel 2020, durante il governo Conte II, quando FdI rappresentava appena il 4% del Parlamento. «Altro che emanazione del governo Meloni – ha aggiunto – si tratta di un organismo scelto da una maggioranza diversa e politicamente distante dall’attuale esecutivo». Secondo il senatore, la sanzione sarebbe «corretta e pienamente rispettosa delle norme in materia di protezione dei dati personali».