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Scelte politiche

Armi a Kiev e referendum, il Cdm scioglie i nodi

Proroga dell’invio di armi all’Ucraina e data della consultazione sulla separazione delle carriere al centro dell’ultima riunione dell’anno

29 Dicembre 2025, 11:16

Armi a Kiev e referendum, il Cdm scioglie i nodi

La premier Giorgia Meloni

Il governo si prepara a sciogliere due nodi politici di peso nell’ultima riunione dell’anno del Consiglio dei ministri, convocata per oggi alle ore 15. Sul tavolo dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni arriveranno infatti la proroga dell’invio di armi all’Ucraina per il 2026 e la fissazione della data del referendum sulla separazione delle carriere in magistratura.

Proroga armi all’Ucraina, l’intesa nella maggioranza

Il primo dossier riguarda il sostegno militare a Kiev. In Cdm dovrebbe approdare il decreto legge frutto dell’accordo politico raggiunto oltre due settimane fa tra Meloni e Matteo Salvini, poi affinato dagli sherpa dei rispettivi partiti. La Lega chiedeva un segnale di discontinuità rispetto al passato e, nel testo, accanto alla proroga dell’invio di armi, verranno esplicitati anche gli aiuti alla popolazione civile, il supporto logistico e quello energetico.

«Sono ottimista, non si tratta di un capriccio della Lega. Facciamo un favore anche al governo: l’aria è cambiata, basta parlare di guerra», ha spiegato il senatore leghista Claudio Borghi, rivendicando una lettura politica del provvedimento. Il decreto arriva in una fase delicata delle trattative internazionali, con il presidente statunitense Donald Trump impegnato in contatti diretti sia con Vladimir Putin sia con Volodymyr Zelensky.

Referendum sulla separazione delle carriere

Il secondo tema destinato a dividere la politica riguarda la riforma costituzionale della separazione delle carriere tra magistrati requirenti e giudicanti. Il Consiglio dei ministri dovrà indicare la data del referendum, che l’esecutivo intende collocare il prima possibile. L’orientamento resta quello di votare il 1° e 2 marzo, come ipotizzato da settimane.

Con la definizione della data scatterà la vera battaglia politica. Il comitato per il sì, vicino al centrodestra, che riunisce magistrati, professori universitari e avvocati, sarà guidato dall’ex giudice costituzionale Nicolò Zanon e dovrebbe avere sede simbolicamente in piazza Cavour, cuore giudiziario della Capitale.

Lo scontro con le opposizioni

Sul fronte del no, le opposizioni hanno già alzato il livello dello scontro. Il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte ha accusato il governo di voler accelerare i tempi per limitare il dibattito pubblico: «Non ci stiamo a questa riforma e ai tentativi di comprimere il confronto, mentre una parte dei media diffonde notizie false sui suoi effetti».

Sulla stessa linea la segretaria del Partito democratico Elly Schlein, che ha rilanciato sui social la raccolta firme contro la riforma: «Serve anche la tua firma per dire no alla volontà del governo Meloni di assoggettare la giustizia al potere politico».

Dalla maggioranza la replica è arrivata netta. «Noi votiamo sì per porre fine alla politicizzazione della magistratura e all’uso politico della giustizia», ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri.