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Si può mai credere che, nella contesa sfrenata tra Csm e Consiglio di Stato, un presidente della Repubblica come Sergio Mattarella possa schierarsi? È sensato cogliere nel Capo dello Stato la volontà di infliggere censure, dopo lo scontro causato dalla bocciatura delle nomine di Pietro Curzio e Margherita Cassano, i vertici della Cassazione? Sembra una forzatura. Utile, come suggestione arbitraria, a uno dei due schieramenti, ma poco verosimile. Oggi, è vero, Mattarella presiederà personalmente il plenum del Csm che, salvo clamorose sorprese, rieleggerà i due magistrati a presidente e presidente aggiunto della Suprema corte. Quando si vota per i due “più alti giudici della Repubblica”, il Capo dello Stato, per tradizione, conduce sempre la seduta. In questa consiliatura che sta esaurirsi, Mattarella ha presieduto il plenum in poche occasioni, come sempre avviene. Ma Mattarella non è un tifoso, un partigiano tra i litiganti. Il suo sembra piuttosto un estremo, e inevitabile, atto di “resilienza istituzionale”. Assiste suo malgrado a un avvitamento della magistratura non rimediabile nell’immediato. E piuttosto che esasperare la gravità della crisi, ricorda col proprio silenzio che ora è possibile solo limitare i danni.È l’idea che deve aver attraversato anche i pensieri di Marta Cartabia quando, due giorni fa, la guardasigilli ha firmato il proprio “concerto”, vale a dire il consenso alla proposta di rieleggere Curzio e Cassano approvata dalla quinta commissione del Csm. Mattarella e Cartabia, ciascuno nel proprio ruolo, non possono impugnare alcuna bacchetta magica per curare i vizi della magistratura, inclusi quelli all’origine dell’ultimo corto circuito. A un giorno dall’inaugurazione dell’anno giudiziario, che domani sarà aperta da Curzio, a cui Cartabia interverrà, con Mattarella ad assistere in prima fila, si può solo pazientare. Attendere che si compia il tornante del voto per il Quirinale. Poi, chiunque sarà presidente della Repubblica e ministro della Giustizia, potrà agire in modo che la riforma e la “redenzione” dell’ordine giudiziario passino dalle parole ai fatti.