di Claudio Massa, presidente Ordine degli avvocati di Cuneo

Ho appena letto l’intervista al presidente dell'Ordine degli avvocati di Potenza, Maurizio Napolitano, che condivido per intiero, anche se il COA cui appartengo è posto agli a antipodi o quasi di quello di potenza. Mi ha fatto particolare piacere anche la citazione di Fulvio Croce, eroico presidente del COA di Torino, sede del distretto di cui Cuneo fa parte. Mi ha fatto piacere perché all’inizio degli anni 90, giovane consigliere del mio Ordine, nel corso di una seduta della locale Unione delle Curie in Torino, sentii affermare da Franzo Grande Stevens (in allora Presidente del CNF) , che ancora ringrazio per questo, che vi era una profonda differenza tra il fare l’avvocato (pur legittima modalità di accostamento alla professione, nel rispetto, ovviamente, forse meno facile, delle norme deontologiche) e l’ esserlo. Appresi soltanto anni dopo che la frase era di Fulvio Croce, essendone stato  comunque folgorato. Da allora – e ne è passato di tempo – ho sempre cercato di fare del mio  meglio per essere avvocato. Il ruolo dei COA  nell’ingenerare questa “aspirazione” è fondamentale e questo viaggio che il Dubbio sta offrendo ai lettori va di certo in questa direzione. Il numero degli avvocati, di certo rilevante (anche se il paragone con la Francia è falsato da una non esatta sovrapponibilità della situazione degli avvocati transalpini rispetto alla nostra) ma la Magistratura, a seguito delle spesso dissennate riforme piovutedi addosso dagli anni 90 ad oggi,, ha attualmente strumenti sia nel civile sia nel penale (ad esempio la sanzione peer le querele temerarie) per stigmatizzare le condotte non conformi alle norme processuali ed alla deontologia, dunque … Dissento su questo dall’opinione dell’amico Nicola Ciafardo, cui mi accomuna, oltre all’anzianità professionale, anche l’appartenenza allo stesso Distretto. Non bisogna dimenticare poi che anche dell’avvocato (il Dott. Davigo sarà entusiasta del parallelismo…) non si butta via niente e dunque la complessità della società moderna richiederà sempre più competenze specialistiche, che però si debbono necessariamente innestare su una robusta struttura generalista. Non dimentichiamo poi che le malintese indicazioni che alcuni attori sociali hanno sostenuto e sostengono provenire dall’Europa, hanno tagliato pezzi importanti delle difese che le professioni intellettuali ordinistiche deontologicamente regolamentate avevano per compensare i limiti alla piena redditività che derivano dal rispetto della deontologia. All’inizio di luglio "Italia Oggi" riportava una notizia relativa ad una nuova iniziativa della Commissione Europea che lamenta nuovamente le limitazioni (ritenute eccessive) tra le altre cose, all’accesso alle professioni cosiddette regolamentate. Sulla scorta di tale notizia, di concerto con la delegazione congressuale subalpina, ho presentato alla scorsa  sessione congressuale una mozione perché l’Avvocatura, prima fra tutte, suonasse l’allarme e proponesse nuovi modelli, anche organizzativi della professione, proprio per evitare che le derive “mercatistica” di cui giustamente parla il Presidente del COA di Potenza possano farsi strada ancora  più prepotentemente nel delicato settore delle professioni deontologicamente  disciplinate (anche se "Il Sole 24 Ore" del 1.09.2021 sostiene il carattere “autoreferenziale” dei procedimenti disciplinari delle professioni, cosa che a mio parere stride con il carattere di parte riconosciuto nel nostro anche al PM …). Spero che i Vostri servizi facciano riflettere i COA sulla necessità oramai spasmodica di agire perché un sempre maggiore numero di Colleghi facciano la più difficile scelta di cercare di essere avvocati e di non  limitarsi a farlo, anche se in momenti di crisi è assai più complicato. Ciò nel Loro interesse ed anche nell’interesse del paese a che chi si fregia del titolo di avvocato sia soggetto della massima affidabilità per le parti assistite e per l’ottimale funzionamento della Giustizia.