Così la Rai ha deciso di stracciare il contratto al professor Alessandro Orsini per motivi di «opportunità», come recita l’algido comunicato della direzione di Viale Mazzini. Avrebbe dovuto partecipare a sei puntate del talk show Carta Bianca per circa 12mila euro di compenso ma le ruvide polemiche sulle presunte posizioni “putiniane” del professore hanno spinto i vertici della tv di stato a prendere la più pavida e la più stupida delle decisioni: censurarlo. Non si tratta di condividere le tesi di Orsini sulla guerra in corso, il saccente giustificazionismo con cui da un mese commenta l’invasione russa, il disprezzo che mostra per la resistenza ucraina, la compiaciuta certezza con cui afferma che «Putin ha già vinto» invitando tutti ad accettare le condizioni dello zar. Con quegli occhi perennemente sgranati, il tono di voce stentoreo, la parlantina esagitata e quell’aria un po’ mitomane, come una specie di Stanis Larochelle del mondo accademico italiano, Orsini più che un “intellettuale scomodo” sembra una macchietta. Ma ha tutto il diritto di esprimere le sue idee sulla tv pubblica come, peraltro, è concesso 24 ore su 24 ai suoi tanti detrattori. Cancellarlo dal panorama mediatico perché ha posizioni contrarie a quelle del governo Draghi è una porcheria. Questo giornale, fin dal primo giorno di guerra, si è schierato senza se e senza ma con il presidente Zelensky e il popolo ucraino perché crede nel diritto alla sovranità dei popoli e nella resistenza all’oppressione di chi è sotto occupazione militare. Ma crede con altrettanta forza nella libertà di espressione, nel confronto democratico delle idee, nella possibilità di difendere opinioni lontane dal mainstream e dal pensiero unico senza dover subire conseguenze da parte dei soliti, zelanti censori.