Da un lato il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, che cita un’intervista falsa a Giovanni Falcone in diretta televisiva. Dall’altro lato il presidente dell’Anm, Cesare Parodi, che si ritira “a malincuore” dal duello con il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Due circostanze susseguitesi nel giro di poche ore che possono incrinare la comunicazione del fronte del No alla separazione delle carriere, già in difficoltà visti i sondaggi.

Vediamo cosa è accaduto nello specifico. Durante una puntata della trasmissione DiMartedì su La7, Gratteri legge delle dichiarazioni di Giovanni Falcone per sostenere che il giudice ucciso a capace fosse contrario alla separazione delle carriere. Era una fake news, come dimostrato dal nostro Damiano Aliprandi, della quale poi il pm calabrese si è scusato dalle pagine del Foglio. Ma il danno d’immagine c’è.

Tanto è vero che lo stesso Parodi, a Un giorno da pecora, ha ammesso: «Lasciamo stare i morti. Rispettiamoli, i morti: hanno parlato in un’epoca completamente diversa». E anche il segretario dell’Anm, Rocco Maruotti, ha scritto: «A chi oggi tira in ballo Falcone e Borsellino basta replicare dicendo che qualsiasi cosa abbiano detto 40 anni fa non ha senso riproporla oggi, in un mondo notevolmente cambiato e in cui anche loro, come ha fatto Nordio, avrebbero potuto cambiare idea o arricchire la loro riflessione, se la mafia non li avesse uccisi». Quello di Gratteri comunque resta uno scivolone che, fatto dal frontman del ‘No’, incrina non di poco la presunta autorevolezza delle ragioni contrarie.

Poi ieri, sempre il vertice del ‘sindacato’ delle toghe invia una nota stampa: «Dopo attenta riflessione, condivisa con i colleghi dell’Anm, non ritengo opportuna una mia partecipazione a confronti con il ministro Nordio, in quanto credo che costituirebbe una rappresentazione plastica, direttamente percepibile – e come tale fuorviante e strumentalizzabile – di una contrapposizione politica fra il governo e la magistratura, che non trova riscontro nella realtà. È per me un sacrificio personale, perché credo molto nella rilevanza dei confronti e li ho sempre affrontati». Un passo indietro, quello di Parodi, ma che in realtà è anche un passo avanti: con lucidità il neo procuratore di Alessandria ha ben compreso che trasformare la sua associazione nel partito di opposizione al governo può essere assai controproducente per l’immagine della magistratura agli occhi dei cittadini.

Una decisione che fonti di via Arenula definiscono invece “spiazzante” perché, solo due giorni prima di questa dichiarazione, Parodi aveva detto, a margine del comitato direttivo centrale Anm: «Non ho paura di un confronto» col guardasigilli «perché sono convinto delle nostre ragioni». E il ministro auspicava proprio questo tipo di dibattito, perché sarebbe avvenuto, come filtra dal suo entourage, «sul piano tecnico e non politico, da istituzione a istituzione». Adesso ci si chiede se Nordio possa accettare un duello con il presidente del Comitato del No dell’Anm, Enrico Grosso, che si è reso disponibile. Sul punto sono in corso valutazioni. Pure perché lo stesso professore-avvocato Grosso ha ribadito, sempre ieri, all’agenzia Lapresse: «Sono pronto in qualunque momento a un faccia a faccia con il ministro della Giustizia: io credo che il suo problema sia quello di non legittimare il Comitato del No».

Tuttavia, come hanno accolto questa decisione di Parodi i suoi colleghi? Dalle toghe di Area c’è pieno appoggio: «Mi sembra un’ottima scelta: l’invito di Nordio era chiaramente una provocazione per continuare a dire che l’Anm è il contraddittore politico del governo», ci dice un big della corrente progressista. Mentre dalla corrente di Parodi, Magistratura indipendente, commentano diversamente: «Rispettiamo la decisione del presidente, non ci strappiamo le vesti ma alcuni di noi non avrebbero avuto nulla in contrario a un confronto tra lui e il ministro, tra istituzione e istituzione. Paradossalmente è più politico il presidente del Comitato del No, che non è neanche un magistrato».

Ma adesso, dopo queste frenate e con la necessità di risalire nei sondaggi, come dovrebbe raddrizzarsi la campagna degli oppositori alla riforma? I magistrati sono compatti nel dire: «Discutiamo nel merito, facciamo una campagna argomentata, senza eccessi, intelligente, cercando di spiegare che questo testo non giova a nessuno». Qualcuno arriva a dire «evitiamo di fare una campagna con i reel» sui social. Altri non nascondono una preoccupazione: «Noi siamo consapevoli che dobbiamo evitare di appiattirci sui partiti, ma forse è il Partito democratico che non vuole stare con noi!».

Tra le toghe si fa sempre più forte infatti la preoccupazione che la minoranza in Parlamento abbia mollato un po’ la partita, e che non sia pronta a giocarsi il tutto per tutto contro una Meloni che appare sempre più forte. Un senso di “abbandono del campo” da parte della politica che lascia i magistrati in una condizione ancora più difficile, in un momento in cui il fronte del Sì si moltiplica coi vari comitati e si compatta soprattutto in una battaglia contro le fake news che divampano sulle pagine di diversi magistrati.