L’ex pm della procura di Roma Luca Palamara, già membro del Csm, avrà un “avversario” in più nel procedimento penale pendente a Perugia davanti al gup. Nella seduta del 1 marzo 2023, quella che ha sancito la nomina del magistrato Margherita Cassano quale primo presidente della Suprema Corte di Cassazione, il plenum del Consiglio superiore della magistratura, contrariamente a quanto auspicato dal Comitato di Presidenza, presieduto dal vicepresidente Fabio Pinelli, ha votato a maggioranza – 23 favorevoli, 5 contrari e un solo astenuto – per la costituzione di parte civile di Palazzo dei Marescialli, «riservandosi di precisare la quantificazione del danno in corso di causa». L’emendamento era stato presentato dai consiglieri Giuffrè, Bianchini, Papa, Natoli e Bertolini.

Nella delibera approvata dall’assemblea plenaria del Consiglio superiore della magistratura si rileva che a Luca Palamara, radiato per i fatti dell’hotel Champagne di Roma, viene «contestata la messa a disposizione delle proprie funzioni, anche di componente dell'organo di governo autonomo della magistratura, in favore di persone in cambio di utilità». Il Comitato di Presidenza, composto anche dal procuratore generale presso la Corte di Cassazione Luigi Salvato e dal primo presidente della Cassazione Pietro Curzio, prossimo alla pensione, riteneva invece non ravvisabili i presupposti per la costituzione in giudizio del Csm come parte civile, poiché «non emerge dalla contestazione - evidenziava il Comitato nella sua delibera - una ipotesi di illecita utilizzazione di specifici poteri e funzioni consiliari, non potendosi così affermare, secondo la prospettazione d'accusa, che il dottor Palamara nella fattispecie abbia interferito sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura sviandone l'esercizio dei poteri ed orientandone gli atti al perseguimento di fini illeciti».

La procura di Perugia, nel caso in esame, ha chiesto il rinvio a giudizio di Luca Palamara in ordine alle ipotesi di reato di corruzione per l’esercizio delle funzioni e corruzione in atti giudiziari.