Quando il 9 dicembre 2022 i media di tutto il mondo sono corsi dietro la più grossa inchiesta di ( presunta) corruzione del secolo, il Parlamento europeo ha scelto subito da che parte stare, votando in massa per la revoca dell’immunità dei propri deputati. Ma lo ha fatto sulla base di notizie sommarie, costruite ad arte, tratte prevalentemente dalla stampa, per poi costituirsi pure parte civile. Ciò nonostante - come dimostrato dal Dubbio in esclusiva - lo stesso Parlamento sia stato “spiato” dalla polizia belga, con un vero e proprio dossieraggio messo a segno all'interno dell’Eurocamera.

PARLAMENTO SOTTO SORVEGLIANZA

Era il novembre di due anni fa quando il Dubbio vi raccontava questa storia, che emerge dai verbali dell’inchiesta, tra i quali ci sono quelli di Servizi segreti e polizia sulle attività del Parlamento. Verbali che testimoniano una possibile violazione non solo dell’immunità parlamentare, ma anche dello stesso Parlamento, al cui interno la polizia si è introdotta in borghese, per prendere appunti sulle attività delle Commissioni.

La prova sta in un verbale datato 14 novembre 2022 e inviato all’allora giudice istruttore Michel Claise, che racconta direttamente dall’interno della sala “Spinelli” la riunione della sottocommissione per i diritti umani con all’ordine del giorno una discussione sulla Coppa del mondo, svoltasi alla presenza, tra gli altri, di Ali Bin Samikh Al Marri, ministro del Lavoro dello Stato del Qatar. Ciò nonostante il Parlamento europeo goda della piena immunità diplomatica.

In questo modo sarebbe stata violata la libertà del parlamentare europeo, garantita dai trattati, di agire ed esprimersi come vuole, nonché gli affari interni delle istituzioni europee. La polizia, rimasta in sala dalle 15.45 alle 17.30, appuntò l’andamento dei lavori, presieduti dall’eurodeputata belga Maria Arena, e i tempi concessi ad ognuna delle parti in causa. «Abbiamo notato che due opinioni si scontrano, vale a dire quella favorevole ad incoraggiare il Qatar ad intraprendere riforme», sostenuta ad esempio da Marc Tarabella (poi arrestato dalla polizia belga), e «quella a favore del rispetto dei diritti dei lavoratori», parere espresso soprattutto dal rappresentante di Human Right Watch e dalla Confederazione Internazionale dei Sindacati. «Abbiamo notato che la dottoressa Arena era più severa sul tempo di parola concesso a coloro che esprimevano un parere più sfumato o addirittura sfavorevole sul Qatar (un minuto) rispetto a coloro che volevano incoraggiare» il lavoro di Doha e il cui tempo di parola poteva anche raddoppiare. «Abbiamo anche notato che le persone identificate nel contesto di questo dossier si sono espresse all’unanimità a favore dell’incoraggiamento del Qatar per le riforme intraprese. Si segnalano quindi gli interventi di Cozzolino Andrea, Moretti Alessandra, Tarabella Marc».

Il verbale va avanti, appuntando i movimenti di Antonio Panzeri, che poi ha iniziato a collaborare con la polizia, e Francesco Giorgi, suo ex assistente parlamentare. In cima al documento vengono riportati i reati ipotizzati: organizzazione criminale e corruzione pubblica. E tra i sospettati non ci sono solo Panzeri, Giorgi e il ministro del Qatar, ma anche un’eurodeputata in carica, Maria Arena. Il che solleva una questione, già denunciata dall’ex vicepresidente dell’Europarlamento Eva Kaili: una violazione delle prerogative parlamentari di Arena, per la quale solo a distanza di un anno dagli arresti la procura ha ipotizzato una richiesta di revoca dell’immunità.

LA CONTROFFENSIVA DI KAILI

Kaili ha poi fatto causa al Parlamento «per violazione della sua immunità parlamentare, essendo stata monitorata dai servizi segreti durante il periodo in cui ha partecipato alla commissione Pegasus, che stava indagando istituzionalmente sull’esistenza di software illegali che monitoravano le attività di eurodeputati e dei cittadini dell’Unione europea». Ovvero, prima

ancora che venisse avanzata qualsiasi richiesta di autorizzazione all’Europarlamento e, dunque, in piena violazione dei Trattati. Il «piano d’azione» della polizia era chiaro: «Lasciamo alla discrezione del magistrato procedere con l'intercettazione dei seguenti numeri», quello di Panzeri e quello di Cozzolino, all’epoca ancora soggetto ad immunità (vi ha rinunciato a gennaio 2023). Qualora risultasse, dunque, l’espletamento di attività di indagine prima della revoca della stessa, si tratterebbe di atti svolti in violazione delle leggi.

Sul punto la procura si è difesa, tramite un documento, sottolineando che i vari atti investigativi previsti nel verbale del 15 luglio 2022 riguardano solo soggetti non coperti da immunità e che nessun atto d’indagine avrebbe riguardato Kaili prima del 9 dicembre, giorno del suo arresto, «in flagranza di reato» , situazione per la quale non è necessaria alcuna azione volta a revocare l'immunità parlamentare.

IL NODO DELL’IMMUNITÀ PARLAMENTARE

Il Parlamento europeo, dal canto suo, non ha mai accordato all’ex vicepresidente la possibilità di valutare un’eventuale violazione della sua immunità parlamentare, nonostante sia stata monitorata dai servizi segreti, anche se per lei, come emerge dal fascicolo, non era stato ipotizzato un ruolo nella presunta associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. I legali del Parlamento hanno però prodotto, lo scorso anno, un documento di 12 pagine, in qualità di parte civile nel procedimento, dando il “via libera” all’azione penale.

Gli avvocati dell’Eurocamera, nonostante quanto denunciato a gran voce anche dall’allora vicepresidente della Commissione Affari costituzionali Giuliano Pisapia, che sul Dubbio ha parlato di una brutale aggressione alla democrazia europea, non ravvisano alcuna violazione dell’immunità di Kaili. E nessun’altra forma di violazione, nonostante la presenza in borghese degli investigatori durante le sedute di commissione.

Il parere dei legali si gioca sui termini: l’immunità copre i parlamentari da procedimenti giudiziari e in questo caso non ce ne sarebbero, non essendo ancora finita la fase delle indagini (e tuttora non lo è). Che però comprende atti per i quali, in base alle regole in vigore nei rispettivi Stati di appartenenza degli indagati, sarebbe necessario chiedere un’autorizzazione. I legali del Parlamento sono convinti: «Nessuna indagine penale, salvo un abuso manifesto (ad esempio se tendesse a bloccare il funzionamento del Parlamento), mette a repentaglio la garanzia di indipendenza che è la ragione stessa dell’esistenza delle immunità». Ritenuta legittima «solo nella misura in cui risponde a un’esigenza pubblica superiore». E in Belgio, come nella maggior parte dei Paesi europei, aggiunge la nota, «l’immunità parlamentare non si applica alla fase dell’indagine penale, ma solo alla procedura di merito».

Secondo i legali, non ci sarebbe stato alcun atto istruttorio nei confronti di Kaili «prima della constatazione del flagrante delitto il 9 dicembre 2022». Ma gli avvocati ammettono di non sapere di quali fatti si parli: «Nel presente fascicolo, chi conclude non vede quali siano i fatti “connessi”, come indicati dal pubblico ministero e sui quali sarebbe stata condotta un’istruttoria». Insomma, via libera a prescindere. La politica ha deciso di rimanere silente, sperando, forse, di scaricare il tutto sul prossimo Parlamento, quello attuale. Che pochi giorni fa, con la Commissione Juri, ha votato per la revoca dell’immunità di Alessandra Moretti, proprio in relazione al Qatargate, nonostante i chiarimenti forniti nei mesi scorsi. Chissà se la plenaria, dopo le ultime rivelazioni, deciderà di cambiare rotta.