Mi piace camminare nei boschi in montagna. Spesso da solo, magari la mattina presto o la sera quando tramonta. Ascolto i miei passi, i rumori attorno, e mi sento un po’ meno tranquillo. Difficile non pensarci, a quel ragazzo di ventisei anni ucciso da un’orsa su un sentiero come questo. Un’orsa, JJ4, che – tra ordinanze, ricorsi, pronunce – si è trovata dove non avrebbe dovuto. Questa la storia, come la si ricava dai provvedimenti giudiziari.

Il 22 giugno 2020 un orso bruno ferisce due persone. Accade in Trentino, di giorno, in una zona usualmente frequentata. L'orso – appunto, JJ4 - viene classificato pericoloso e il Presidente della Provincia ne dispone l'abbattimento. Varie associazioni ricorrono al TAR (dovrei dire TRGA: Trento è un mondo un po' a parte). Tra i ricorrenti, c'è anche il Ministero dell'ambiente. Nulla di anomalo: ben può un’amministrazione fare ricorso al TAR contro un’altra. Ma è segno di una contrapposizione tra poteri pubblici.

In sede cautelare l'ordine di abbattimento viene sospeso dal TAR: non sono state considerate misure diverse, ad esempio catturare l'orso per mettergli un radiocollare e lasciarlo da qualche altra parte, o rinchiuderlo in una struttura (la cd. "captivazione permanente").

Sospeso dunque il suo ordine di abbattimento, il Presidente della Provincia lo revoca e ne emana un altro: questa volta non più di abbattimento, ma di captivazione permanente. È l'11 agosto 2020; poco dopo, il 29 agosto, c’è un altro "comportamento problematico" della stessa orsa, con un attacco (forse simulato) nei confronti di personale del corpo forestale. Al nuovo ordine seguono nuovi ricorsi.

Gli argomenti che tornano sono, in sintesi, questi. L'orso bruno è una specie protetta, non lo puoi catturare o uccidere se non sei autorizzato dal Ministero dell'ambiente previo parere di un organismo tecnico, l'Ispra (l'Istituto per la protezione e la ricerca ambientale). È vero che c'è comunque il potere di ordinanza contingibile e urgente del Presidente della Provincia, ma qui ne mancavano i presupposti: il pericolo per l'incolumità pubblica e un’urgenza non fronteggiabile con altri strumenti. E poi la struttura destinata alla captivazione degli orsi, il centro faunistico del Casteller, è un luogo di detenzione con spazi per nulla ampi e privi di stimoli ambientali.

Questa volta in sede cautelare il TAR Trento non sospende l'ordinanza di captivazione. Ma lo fa il Consiglio di Stato, nell’appello cautelare, rilevando la mancanza del parere dell'Ispra. A questo punto JJ4 è già al centro di un confronto istituzionale, cui la magistratura amministrativa non pare estranea. Scrive il Consiglio di Stato che la detenzione dell'orso nella struttura del Casteller non garantirebbe adeguate condizioni di benessere, come risulta dalla relazione dei carabinieri sulla loro visita di sopralluogo, "per la quale questo Giudice rende merito all'iniziativa del Ministro dell'ambiente che l'ha ordinata".

Sospeso dunque anche il secondo ordine – quello di captivazione permanente - si arriva, ad aprile 2021, alla sentenza del TAR Trento. Sentenza che annulla l’ordine: quando è stato emesso, l’11 agosto, erano già passati 50 giorni dall’evento che lo giustificava (l’aggressione del 22 giugno), dunque non c’era più l’urgenza.

Non importa che prima dell’11 agosto ci fosse stato un altro ordine (di abbattimento), sospeso dallo stesso TAR. Né importa che ci sia un episodio successivo di “comportamento problematico” dell’orso (il 29 agosto). L’ordine di captivazione difetta dei presupposti e va annullato. Ma - conclude la sentenza – rimane l’esigenza dell’incolumità pubblica; dunque la Provincia dovrà rinnovare le sue valutazioni sulla pericolosità di JJ4 e riesercitare i suoi poteri.

Si arriva così al 5 aprile scorso, ad un’orsa rimasta a girare tra i boschi del Trentino con un radiocollare non operativo, alla morte del ragazzo. Dopo quella morte, c’è una nuova ordinanza del Presidente della Provincia – che dispone l’abbattimento dell’orso – e contro di essa nuovi ricorsi. E c’è una nuova sospensione cautelare del TAR Trento, che blocca la soppressione dell’orso – nel frattempo catturato – in attesa che l’Ispra si esprima, ed anzi riferisca direttamente al TAR. La vicenda proseguirà ora con la camera di consiglio dell’11 maggio.

Ma ce n’è già abbastanza per riflettere. Sui ruoli, anzitutto. A un primo livello, quello della percezione mediatica, è vero che il giudice amministrativo ha sospeso e annullato provvedimenti che avrebbero fermato quell’orso. Però è una considerazione fatta ora, sapendo quello che è successo. Il TAR di Trento, ad aprile 2021, ha sì annullato l’ordine di captivazione, ma ha anche richiamato la Provincia al dovere di attivarsi per l’incolumità pubblica: insomma, ciò che è avvenuto – o non è avvenuto - nei due anni tra la sentenza e l’uccisione del ragazzo non è dipeso dal TAR.

E poi il quadro è più ampio e complesso. Non c’è un orso. Ci sono le scelte compiute con il progetto “Life Ursus”, finanziato dall’Unione Europea e che prevede almeno 40-60 orsi adulti nelle Alpi Centrali: progetto – esistente, pur se ovviamente rivedibile – che di per sé comporta dei rischi. C’è la vigilanza sulla corretta esecuzione di quel progetto. C’è un’attività materiale fondamentale perché il sistema possa reggere: dalla verifica che i radiocollari funzionino, alla realizzazione di strutture adeguate per gli orsi pericolosi. Si tratta di confrontare obiettivi, strumenti, rischi. E di non sbagliare i concetti di base: la questione non è di punire un orso per i suoi comportamenti, ma di considerare la presenza degli orsi in libertà nel rapporto con l’incolumità delle persone.

Il tema dei diritti degli animali è troppo ampio per essere affrontato qui, ma certo un orso non ha – in senso tecnico – diritti che possa far valere in giudizio, né le associazioni che ricorrono fanno valere diritti suoi. È invece la collettività ad avere dei doveri per la sua tutela e delle responsabilità per i suoi comportamenti, che sono in linea con la sua natura.

Insomma, amministrare significa scegliere, assumere rischi, rispondere. Non è questa la funzione del giudice. Anche se, per il giudice amministrativo, la distinzione non è sempre netta: quando ti trovi a esaminare l’adeguatezza della misura assunta rispetto ai fini, non sei lontano dal merito delle scelte.