«Nel dicembre 2022, quando sono stata informata dai media in quali accuse sarebbero stati coinvolti il ​​mio compagno e il padre di mia figlia, tutta la mia esistenza è crollata, il mondo intero è improvvisamente scomparso, sono andata in mille pezzi». Sono le prime parole di Eva Kaili, l'ex vicepresidente del Parlamento europeo accusata di aver fatto parte di un'organizzazione criminale finalizzata al riciclaggio di denaro, corruzione e concussione che prevedeva il pagamento di «ingenti somme di denaro» da Qatar e Marocco, per influenzare i processi politici comunitari. Kaili, rilasciata venerdì scorso dal carcere di Harem, ha affidato al quotidiano greco "Vima " i suoi primi pensieri, descrivendo il periodo più difficile della sua vita. Che ha comportato anche «l'assoluto isolamento e rifiuto da parte di tutti, i miei colleghi al Parlamento europeo, il mondo politico del mio Paese, amici, conoscenti. Era come se non esistessi. Mi sono ritrovata in prigione, lontana da mia figlia, con la sola speranza che quello che sto vivendo sia un'illusione. Gridavo “sono innocente”, ma i muri e le sbarre non ascoltano».

Le prime ore in carcere sono state le più difficili. «Gli unici che mi hanno creduto sono stati mia sorella, mia madre, mio ​​padre e il mio avvocato greco, Michalis (Dimitrakopoulos, ndr), come le mie compagne detenute avevano imparato a chiamarlo. Alcuni credevano che fossi finita, che fossi sbiadita come personalità», afferma con amarezza.

Quanto ai suoi minimi contatti con il "mondo esterno", ricorda che tutti la esortavano a dire tutto il necessario per essere libera un'ora prima. «Tutti mi hanno consigliato di confessare, di andarmene in fretta, di andare da mia figlia», sottolinea e ammette i primi pensieri oscuri e l'unico pensiero a tenerla in vita: quello della figlia di due anni. «È vero, posso dirlo, ci sono stati momenti in cui ho pensato di porre fine da sola alla tortura della solitudine assordante. Avevo paura, non l'ho fatto, il pensiero di mia figlia non mi ha lasciato, mi ha sostenuto, mi ha dato il senso di rialzarmi, di lottare per dimostrare che sono innocente, così che mia figlia potesse non vergognarsi di me. Questo scopo mi tiene in vita, mi aiuta».

In pochi minuti è stata cancellata dal gruppo eurosocialista e rimossa dalla carica di vicepresidente del Parlamento europeo, dopo un votazione. «Mi hanno sottovalutata, insultata come donna, mi hanno screditata, ma non ammetterò mai di aver tradito la fiducia delle persone che per tanti anni mi hanno onorato del loro voto. Mi sono fidata anche delle persone, ho imparato a credere nel mio compagno, nel mio amico», sottolinea.

E adesso «non mi inchinerò, se non riuscirò a convincere la giustizia belga che sono innocente, non tornerò mai più nel mio Paese, mi vergognerò di guardare negli occhi le persone con cui sono amica da quando ero solo una studentessa. La vergogna è un sentimento che non riesco a metabolizzare, mi sconvolge», conclude, volendosi difendere ancora una volta - e ora pubblicamente - ed evitando di parlare del resto degli imputati nel caso Qatargate .

Da parte sua, il suo avvocato Michalis Dimitrakopoulos, al suo fianco fin dall'inizio di questa storia, descrive dal punto di vista legale questi 126 giorni in carcere. «Nel dicembre 2022, faceva molto freddo a Bruxelles, ho incontrato Eva Kaili nella prigione di Haren. Eva mi ha detto "Michael, tutti gli avvocati qui in Belgio mi dicono che se confesso le accuse, tra due giorni sarò con mia figlia, cosa mi consigli di fare?". Le ho detto: "Eva mia, se hai commesso i crimini che ti sono attribuiti, confessali e vai da tua figlia, ma se sei innocente, combatteremo insieme ovunque vada". "Michal, sono innocente", ha insistito. "Eva, andiamo fino in fondo”. Queste parole, appunto, scolpite dal coraggio di Eva, sono state l'inizio di questa avventura del vicepresidente del Parlamento europeo».

Quanto al suo futuro, Dimitrakopoulos afferma: «Eva è un essere politico, la storia ha molte pagine bianche nel suo libro personale, alla fine non posso prevedere cosa scriverà. Ma io, ormai vecchio avvocato, dirò: Eppure è innocente».

Kaili ha sempre proclamato la sua innocenza, dicendosi convinta di poterlo dimostrare. Dal carcere belga dove è stata detenuta per lo scandalo di corruzione al Parlamento europeo, ha più volte ribadito che la sua custodia cautelare e le sue sofferenze prolungate sono legate al fatto che la Procura belga ne ha fatto il proprio «trofeo».