Il referendum sulla separazione delle carriere sta scaldando parecchio gli animi anche all’interno dell’Accademia. Dopo le accuse mosse dal professore avvocato Oliviero Mazza al professore avvocato Vittorio Manes, direttore della rivista dell’Unione Camere penali italiane “Diritto di difesa”, «per aver deciso di dare spazio anche alle “opinioni divergenti rispetto alla riforma”» (situazione poi rientrata con un comunicato chiarificatore della Giunta dell’Ucpi dove si ribadiva che sarebbe stato dato spazio solo alle voci per il Sì), adesso a tenere banco negli interna corporis dell’Associazione tra gli studiosi del processo penale “G. D. Pisapia” è un documento favorevole alla riforma costituzionale targata Nordio e Meloni, approvato dal direttivo dell’Associazione (Adolfo Scalfati, Sergio Lorusso, Giulio Garuti, Filippo Dinacci, Mariangela Montagna, Daniele Negri) con il voto contrario, espressivo di una dissenting opinion non motivata da quanto appreso, del professor Michele Caianiello.

ADOLFO SCALFATI PROFESSORE UNIVERSITA' TOR VERGATA
ADOLFO SCALFATI PROFESSORE UNIVERSITA' TOR VERGATA
ADOLFO SCALFATI PROFESSORE UNIVERSITA' TOR VERGATA (IMAGOECONOMICA)

Nell’elaborato si legge, tra l’altro, che la norma tende «ad una più coerente e concreta attuazione del giusto processo penale, così come delineato dall’articolo 111 Costituzione. Si tratta di una valutazione di sintesi che non pretende di esprimersi su ogni aspetto della riforma e che non tocca, come si conviene alla disamina su basi scientifiche, né la questione di carattere politico riguardante lo spazio riservato alla dialettica parlamentare nel procedimento di revisione costituzionale, né le polemiche di schieramento circa gli scenari suscettibili di prodursi in un ipotetico futuro (la paventata attrazione dell’organo dell’accusa nell’orbita del governo). Pur nella consapevolezza di opinioni non sempre convergenti, qui si coglie il contributo positivo che la riforma può produrre sulla cruciale esigenza di imparzialità del giudice, posta ( non tanto tra gli altri canoni del modello, bensì) “al vertice dei valori del giusto processo” poiché “in sua carenza tutte le altre regole e garanzie processuali perderebbero di significato” (Corte cost., sent. n. 306 del 1997)».

Si auspica infine che, «in caso di conferma tramite il referendum popolare previsto dalla Carta fondamentale, le norme di attuazione della legge costituzionale in questione regolino i percorsi di formazione (sia per l’accesso al concorso, sia permanenti) di entrambe le categorie di magistrati, in modo da consentire che patrimonio comune tanto ai giudici quanto ai pubblici ministeri, al di là dello status e della funzione distinta, sia la piena consapevolezza circa la necessità di rispettare i principi di legalità penale e processuale, risultato raggiungibile – tra l’altro – attraverso un più ampio ed effettivo coinvolgimento della componente accademica nella pluralità dei suoi indirizzi ideali, culturali e metodologici». E però diversi soci, oltre a non condividere il merito del documento in quanto contrari alla riforma, hanno contestato il metodo.

In particolare, ha fatto molto discutere il fatto che non sia stata convocata una assemblea, anche online, di tutti gli iscritti per discutere del paper pro separazione delle carriere dei giudicanti e requirenti. Il direttivo avrebbe scelto di renderlo pubblico senza consultare, in pratica, la base, ossia gli altri circa centocinquanta professori di procedura penale tra i più noti della nostra Accademia.

Da lì sarebbe nata una polemica nella mailing list interna e nelle chat. Qualcuno crede addirittura che il documento sia stato sollecitato da qualche esponente dell’Unione Camere penali o da qualche Comitato per il Sì. Qualcuno parla di clima davvero avvelenato in questi giorni, altri provano a ridimensionare sostenendo che si è comunque all’interno di un’associazione pluralista, anche se nel recente passato non erano emerse tali divisioni. Vista la situazione, qualcuno sarebbe pronto a dimettersi dall’Associazione, qualcun altro invece ci fa sapere che quelli che sono stati chiamati nelle chat i “dissidenti” sarebbero pronti a rendere noto un documento contrario nel merito a quello del direttivo.