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Alberto Liguori procuratore di Civitavecchia
Alberto Liguori ha presentato l'altro giorno ricorso al Tar del Lazio contro la decisione del Csm di nominare Rosa Volpe a capo dei pm di Firenze. Trova così conferma l'anticipazione fatta dal Dubbio nelle scorse settimane. Non c’è dunque pace per la Procura del capoluogo toscano, ufficio giudiziario da anni ormai travolto dalle polemiche e da una girandola di contenzioni amministrativi.
Liguori, attuale procuratore di Civitavecchia, era stata battuto in Plenum lo scorso ottobre da Volpe, fino a quel momento procuratore generale di Salerno. La magistrata campana, toga legata al gruppo progressista Area, aveva avuto la meglio nei confronti di Liguori con cinque voti di scarto, diciotto a tredici per la precisione. Per lei, oltre ai togati di Area e Unicost e gli indipendenti Andrea Mirenda e Roberto Fontana, si erano espressi i laici in quota Pd e M5S e i due capi di Corte. A favore di Volpe anche il pm siciliano Dario Scaletta, esponente di MI, la corrente moderata dell’Anm che aveva fortemente sostenuto la candidatura di Liguori. Per quest’ultimo, invece, si erano espressi tutti i laici di centrodestra, tranne il vice presidente del Csm, Fabio Pinelli, che aveva optato per l’astensione, e il renziano Ernesto Carbone.
La nomina di Volpe era avvenuta in maniera quanto mai rocambolesca dal momento che Filippo Spiezia, nominato procuratore di Firenze poco più di 2 anni fa, aveva deciso di fare ritorno la scorsa estate ad Eurojust. Nomina, quella di Spezia, arrivata peraltro a più di un anno di distanza dal trasferimento, dopo la vicenda delle molestie a carico della pm antimafia Alessia Sinatra, di Giuseppe Creazzo a Reggio Calabria come sostituto presso la Procura dei minori.
In quel periodo l’ufficio, retto in sede vacante dall'aggiunto Luca Turco, era spesso finito nel mirino di Matteo Renzi. L’ex premier, in particolare, aveva contestato ai pm fiorentini la modalità di conduzione dell'indagine sulla Fondazione Open. La decisione del Csm di nominare Spiezia, che aveva battuto il favorito della vigilia, il procuratore di Livorno Ettore Squillace Greco, storico esponente della sinistra giudiziaria, era stata accompagnata da polemiche molte accese a causa del voto determinante di Pinelli.
Il vice presidente del Csm, che si era astenuto in precedenza sulle nomine, aveva giustificando tale scelta per l'importanza dell’incarico in discussione. «Forse avrebbe fatto bene almeno a chiarire i motivi», lo avevano allora rimproverato pubblicamente i togati progressisti. La nomina di Spiezia, comunque, era stata subito annullata dal giudice amministrativo a cui si era rivolto già all’epoca Liguori, in quel periodo procuratore a Terni, escluso fin dall’inizio della selezione dalla Commissione per gli incarichi direttivi.
A parte però l’incertezza che caratterizza il vertice della Procura da anni, sono diversi i fascicoli scottanti attualmente al vaglio dei pm fiorentini. Primo fra tutti quello sui mandanti delle stragi di mafia del 1993 che hanno insanguinato l’Italia. Il procedimento, assegnato all'allora procuratore aggiunto Turco ed al pm Luca Tescaroli, adesso a capo della Procura di Prato, vede iscritti nel registro degli indagati Silvio Berlusconi, nel frattempo deceduto, e Marcello Dell’Utri come mandanti delle bombe.
Alla base dell’inchiesta vi è il racconto fatto ai magistrati, suggestivo e tutto da dimostrare, del mafioso Giuseppe Graviano sul vero motivo della nascita di Forza Italia. Graviano era stato arrestato a Milano proprio all’indomani del discorso con cui Berlusconi, tramite un video registrato nella villa di Arcore, annunciava agli italiani la sua discesa in campo.
Il mafioso, reggente del mandamento di Brancaccio, la settimana prima avrebbe però dato l’ordine di dare il “colpo di grazia” in quanto con la nascita di Forza Italia il Paese sarebbe finalmente stato nelle mani dei feroci corleonesi. Per raggiungere lo scopo bisognava fare esplodere un’auto imbottita di tritolo allo stadio Olimpico al passaggio di un plotone di carabinieri in servizio di ordine pubblico per la partita Roma-Udinese, in calendario il 23 gennaio del 1994, tre giorni prima dunque del discorso di Berlusconi. La strage, per fortuna, non avvenne per problemi al detonatore.
Nelle stragi del 1993-94 un ruolo di primo piano lo avrebbe avuto anche il generale dei carabinieri Mario Mori, già comandante del Raggruppamento operativo speciale (Ros) ed ex direttore del Sisde, ora Aisi, indagato per favoreggiamento. Per la Procura di Firenze sarebbe stato a conoscenza di questo efferato progetto stragista ma non avrebbe fatto nulla per evitare che fosse portato a compimento.


