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GIUSI BARTOLOZZI POLITICO
Si vota sulla separazione delle carriere, certo. Ma non solo. Prima del via libera in terza lettura che oggi l’Aula pronuncerà sulla riforma, ci sarà un’altra conta, alla Camera. Precisamente, nella Giunta per le Autorizzazioni.
L’organismo presieduto dal deputato di Avs Devis Dori dovrà esprimersi su una richiesta avanzata dai componenti di centrodestra, sostenuta da tutti i partiti di maggioranza e redatta materialmente dal capogruppo in Giunta di Fratelli d’Italia, Dario Iaia: si voterà sulla proposta di trasmettere alla Procura di Roma e al Tribunale dei Ministri una richiesta d’informazioni sulla posizione di Giusi Bartolozzi. «Ne abbiamo necessità per valutare se vada sollevato un conflitto di attribuzioni con la Procura, in relazione alla possibile natura ministeriale dei reati ipotizzati, nell’ambito della vicenda Almasri, a carico della capo Gabietto di via Arenula», spiega Iaia. «È competenza esclusiva dell’autorità giudiziaria formulare ipotesi di reato, ma il Parlamento va rispettato nelle sue prerogative».
È il passo formale che il centrodestra compie, dunque, per portare dinanzi alla Consulta la mancata estensione a Bartolozzi della richiesta di autorizzazione a procedere. È una mossa che FdI, FI e Lega avanzano, in Giunta per le autorizzazioni, «senza alcuna intenzione dilatoria, perché l’esame per i due ministri e il sottosegretario rispetterà il calendario previsto», tiene a chiarire il capodelegazione meloniano. Ma tutto avviene sulla base di una ben precisa analisi svolta fra Palazzo Chigi e via Arenula, fra Giorgia Meloni e Alfredo Mantovano da una parte e Carlo Nordio dall’altra: non è possibile che la magistratura processi, attraverso Bartolozzi, l’intero governo, pur garantito dallo scudo dell’articolo 68.
Qualora i magistrati non riconoscessero di dover lasciare al Parlamento l’ultima parola sulla capo Gabinetto del guardasigilli, si istruirebbe di fatto un processo all’intero Esecutivo, con accuse, ricostruzioni e testimonianze tali da “giudicare nella piazza mediatica ministri e sottosegretario, a dispetto del no di Montecitorio alla richiesta di metterli alla sbarra”. Linea chiarissima, messa non a caso nero su bianco nelle 33 pagine di memoria difensiva che il governo ha trasmesso alla Giunta. E in effetti, la riunione di ieri, per l’organismo di Montecitorio, avrebbe dovuto limitarsi proprio alle “controdeduzioni” dei tre componenti del governo messi sotto accusa dal Tribunale dei Ministri.
Tanto che si è partiti dalla “relazione integrativa” di Federico Gianassi, il deputato dem incaricato del dossier. E Gianassi, a quanto si è appreso, nella propria esposizione ha riferito che «la memoria evidenzia come la scelta politica del governo, in ordine all’intera vicenda Almasri, sia stata una scelta politica condivisa e consapevole determinata dai rischi di possibili ritorsioni da parte delle milizie liche nei confronti degli interessi italiani». La tesi dell’Esecutivo è nota: si è agito in nome della sicurezza nazionale. E non c’è una sola condotta di Nordio, Piantedosi o Mantovano che non rispondesse a quella logica unitaria, autorizzata dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
La stessa premier si è dichiarata stupita nel vedere la propria posizione archiviata. Di più: nella memoria che Gianassi ha sintetizzato agli altri deputti, di maggioranza e opposizione, presenti ieri in Giunta per le autorizzazioni, si sostiene in modo esplicito l’unitarietà fra le condotte di ministri e sottosegretario e le dichiarazioni di Bartolozzi al Tribunale dei Ministri, costate alla capo Gabinetto della Giustizia l’iscrizine a registro degli indagati per falsa testimonianza.
In una lettera indirizzata a Dori, il capogruppo FdI Iaia chiede formalmente che sia messi ai voti, come avverrà stamattina, la proposta di “interpello” rivolta alle toghe: a Procura e Tribunale dei Minisrtri, l’alleanza di governo intende chiedere altrettanto formalmente se Bartolozzi è indagata dai pm capitolini, per quali reati, dove e quando i presunti eventuali reati sarebbero stati commessi. Non solo: la Giunta, in base, alla proposta di maggioranza, chiederà specificamente al procuratore di Roma Franceso Lo Voi se gli illeciti per cui Bartolozzi fosse eventualmente indagata siano ritenuti, dall’autorità giudiziaria, di carattere ministeriale. È evidente che la risposta alla seconda domanda sarà negativa, altrimenti anche per la dirigente di via Arenula sarebbe stata già chiesta l’autorizzazione a procedere. Ma è proprio su tale, scontato responso che, spiega Iaia, «la maggioranza unita potrebbe sollecitare il coflitto di attribuzione davanti alla Consulta nei confronti della Procura di Roma».
La ratio è sempre la stessa: il Parlamento va rispettato, non gli si può sottrarre la prerogativa di negare l’autorizzazione a procedere per un “indagato laico” le cui condotte fanno parte di un unico disegno condiviso coi ministri. Altrimenti così si processa il governo per interposta capo di Gabinetto, come ha fatto notare, anche in un’intervista al Dubbio, il costituzionalista ed esponente del Pd Stefano Ceccanti. Il resto della delegazione Pd in Giunta, a cominciare dalla capogruppo Antonella Forattini, definisce tali argomentazioni, rivendicate dal centrodestra nella riunione di ieri, «un violento attacco al Tribunale dei Ministri». È di certo la strada attraverso cui l’Esecutivo vuole evitare che Bartolozzi diventi l’ostaggio detenuto dagli avversari nella campagna referendaria sulla separazione delle carriere.


