I sindaci dicono sì alla proposta del ministro della Giustizia Carlo Nordio di modificare o abolire l’abuso d’ufficio. Dopo la conferma del Guardasigilli di voler andare incontro alle esigenze dei primi cittadini per sgravarli dalla cosiddetta “paura della firma”, sono decine gli amministratori pronti a sostenere la modifica.

In primis Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente Anci, che ieri, dalle colonne del nostro giornale, ha dato la disponibilità dei colleghi e dell’Associazione «a riprendere il dialogo sulle norme relative alla responsabilità dei sindaci che spesso si ritrovano a pagare in prima persona un prezzo troppo alto per situazioni non sempre riconducibili alle loro competenze».

Ad essere d’accordo è anche il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, secondo cui «una perimetrazione più definita del reato, in modo tale da definire in maniera chiara i confini, è sicuramente auspicabile, perché questo consente a chi opera nell’amministrazione di avere più certezza delle scelte che vengono fatte, mentre chi deve controllare può farlo con meno discrezionalità. Spesso ci sono stati interventi della magistratura che poi si sono risolti in un nulla di fatto».

Per Stefano Lo Russo, sindaco di Torino, il problema non riguarda solo l’articolo 323 del codice penale: «C’è un problema di sovraesposizione eccessiva dei sindaci italiani di tutti i Comuni, grandi e piccoli, e credo davvero sia utile affrontare questa discussione senza ideologie e con contemporaneamente grande pragmatismo. Quindi, penso che il fatto che il ministro della Giustizia dica una cosa del genere sia un buon segnale per tutti i sindaci italiani».

«Rivedere anche la Severino»

Favorevole anche Roberto Lagalla, sindaco di Palermo, secondo cui «è estremamente facile addossare al sindaco presunte colpe su fatti che non può direttamente controllare o conoscere, specie in realtà di grandi dimensioni». Quindi ben venga una revisione della norma, «perché ciò avrebbe un’intuibile e positiva refluenza sulla funzionalità ed efficienza delle amministrazioni locali».

Nicola Fiorita, primo cittadino di Catanzaro, mette però nel paniere anche la legge Severino, la cui modifica, assieme a quella del reato di abuso d’ufficio, «diventa essenziale per garantire ai sindaci, spesso da soli a fronteggiare le grandi emergenze delle città, la necessaria serenità per operare al meglio». Nessuna richiesta di immunità, precisa, «ma solo la possibilità di compiere scelte, spesso sul filo dell’urgenza, senza il timore di vedersi recapitare a mezzo stampa un avviso di garanzia».

Sempre in Calabria, a prendere posizione è anche Franz Caruso, sindaco di Cosenza, secondo cui anche se «non è questa la “necessità” per i Comuni, ritengo importante una revisione dell’articolo 323 del codice penale». Il vero grande problema nelle Pa è, infatti, «la strutturale crisi economica in cui versano».

Ma una revisione della norma, «volta a circoscrivere il reato, per tipicizzare il “fatto punibile” così da evitare possibili interpretazioni di una norma penale estremamente generica» sarebbe opportuna, per tutelare «gli amministratori corretti e onesti che operano nell’interesse della collettività che fa il paio con una Pa più snella e meno burocratizzata».

Uso distorto delle misure cautelari

Caruso pone però l’accento anche sull’uso distorto delle misure cautelari, dell’avviso di garanzia, del “nuovo” reato di traffico di influenze illecite ed altre fattispecie ancora, che «dovranno trovare una giusta e corretta applicazione nell’azione, mi auguro garantista, del nuovo titolare del Dicastero di via Arenula».

Per Francesco Menna, sindaco di Vasto e presidente della Provincia di Chieti, «se rivedere il reato di abuso d’ufficio è finalizzato a migliorare la macchina amministrativa nell’interesse pubblico, della collettività, sono d’accordo; se questa modifica andasse a favorire l’interesse privato all’interno della macchina amministrativa, sono assolutamente contrario - ha dichiarato -. Va affermato sempre e prima di tutto il principio della legalità».