È rimasto ucciso da una bomba piazzata sotto il sedile della sua auto a Mogadiscio il miliziano somalo Omar Hashi Hassan, condannato a 26 anni e poi assolto dalla Corte d’Appello di Perugia per l’omicidio della giornalista della Rai Ilaria Alpi e dell’operatore tv Milan Hrovatin del 20 marzo 1994. Hassan venne rilasciato nel 2016, dopo aver scontato 17 anni di carcere in Italia: per l’ingiusta detenzione la Corte d’Appello di Perugia dispose un risarcimento di tre milioni e 181 mila euro. «Ho perso 17 anni della mia vita in carcere da innocente», commentò all’epoca, appellandosi ai giudici di Roma perché non archiviassero «l’inchiesta sui depistaggi che ci sono stati dopo l’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin», che lo avevano portato in carcere sulla base di false accuse. «Non possono proprio archiviare e non far venir fuori la verità», sottolineò ricordando che di ampi depistaggi si era parlato nella sentenza d’assoluzione emessa dalla Corte d’Appello di Perugia.

Il legale: "Sono stati i terroristi islamici, lo hanno ucciso per soldi"

«Sono stati i terroristi islamici, nessun dubbio. Lo hanno ammazzato a scopo di estorsione. Sono persone in cerca di soldi e se non sei d’accordo con loro ti uccidono», afferma l’avvocato Antonio Moriconi, difensore di Hassan per 20 anni insieme con il collega Douglas Duale. Il processo di revisione ha provato la sua completa estraneità ai fatti, spiega l’avvocato. «Abbiamo ricevuto la notizia della morte di Hashi da alcune nostre fonti locali. Il clan a cui apparteneva Hashi ha legami con il nuovo governo. Lui, da quando era tornato in libertà, dopo il processo che lo aveva scagionato, voleva fare qualcosa per il suo Paese. Sognava di inserirsi nel settore dell’import-export. Faceva a volte tappa in Italia, ma andava anche in Svezia dalla figlia e poi da amici in altre città d’Europa». «È una cifra (oltre 3 milioni di euro, ndr) alta e dovuta a tutto il carcere che è stato fatto patire ad un innocente - prosegue Moriconi - Quei soldi però lo hanno ammazzato. Perché i terroristi lo hanno saputo ed evidentemente, dopo che lui non ha ceduto a qualche estorsione, lo hanno fatto saltare in aria. La tecnica dell’attentato dice tutto». «Ho incontrato Hashi per l’ultima volta due mesi fa, eravamo a mangiare insieme. L’Italia non era casa sua, lui sognava e parlava sempre di Mogadiscio, di quello che avrebbe voluto fare, dell’artigianato, delle imprese. Lui, la sua famiglia, il clan al quale apparteneva, voleva che la Somalia tornasse stabile». Hashi Omar Hassan «in Italia venne assolto in primo grado, poi condannato in appello all’ergastolo ed arrestato in aula. Il dato sicuro è che lui con Ilaria e Miran non c’entrava nulla».

Fnsi: "Ora l'Italia indaghi sull'omicidio di Hassan"

Intanto la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, l’Ordine dei Giornalisti e l’Usigrai, per il tramite dell’avvocato Giulio Vasaturo, depositeranno nelle prossime ore una richiesta al Pubblico Ministero presso la Procura di Roma, all’Ambasciata italiana a Mogadiscio ed all’Ambasciata somala in Italia, per sollecitare indagini mirate sulle dinamiche dell’attentato in cui ha perso la vita Hashi Omar Hassan, anche al fine di verificare l’esistenza di un eventuale collegamento fra questo delitto e l’inchiesta, tuttora in corso, sull’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. «Siamo molto turbati dalla tragica uccisione di Hashi» ha osservato l’avvocato Giulio Vasaturo. «Non possiamo non riscontrare la sconcertante ricorrenza di morti misteriose che lega tanti protagonisti dell’inchiesta giudiziaria sul caso Alpi-Hrovatin. Poco dopo aver testimoniato in Italia, fu rinvenuto in un albergo di Mogadiscio il cadavere di Ali Abdi, l’autista di Ilaria, deceduto in circostanze mai chiarite. Starlin Arush, attivista somala, amica dell’inviata del Tg3, è stata invece uccisa da un commando di sicari, nei pressi di Nairobi, nel 2003. Faremo di tutto affinché le autorità italiane e somale collaborino fattivamente per far luce sullo scenario che si cela dietro l’uccisione di Hashi Omar Hassan e per fare chiarezza su questa serie di inquietanti delitti che si protrae, ininterrotta, da circa trent’anni».

Caso Alpi, il mistero sulla morte della giornalista e l'errore giudiziario che costò 17 anni di carcere ad Hassan 

Ilaria Alpi, inviata in Somalia per il Tg3, aveva 28 anni quando venne uccisa nel corso di una sparatoria a Mogadiscio assieme all’operatore 45enne Miran Hrovatin. Un commando di sette persone si affiancò alla loro auto, esplose numerosi colpi di kalashnikov, poi si diede alla fuga. Il 12 gennaio del 1998 Omar Hashi Hassan venne arrestato su richiesta della procura di Roma per concorso in duplice omicidio volontario, perché ritenuto un componente del commando. Il 20 luglio del 1999 Hassan fu assolto dalla Corte d’assise di Roma «per non aver commesso il fatto». Il pm Franco Ionta ne aveva chiesto la condanna all’ergastolo. La sorpresa il24 novembre del 2000 quando la corte d’assise d’appello ribaltò la sentenza di primo grado e condannò Hassan al carcere a vita. Per il somalo scattarono in aula le manette. La sentenza non piacque ai genitori di Ilaria: si tratta di «una sentenza nera - dissero, immaginando una decisione di "comodo" che avrebbe dovuto accontentare tutti - non ci accontentiamo di questa verità. Vogliamo i mandanti veri». Il 10 ottobre del 2001 la Corte di Cassazione confermò la condanna per omicidio volontario ma, annullando la sentenza di secondo grado limitatamente all’aggravante della premeditazione e alla mancata concessione delle attenuanti generiche, rinviò il procedimento per nuovo esame ad altra sezione della corte d’assise d’appello. A conclusione del processo d’appello bis, il 26 giugno del 2002, Hassan venne condannato a 26 anni. Il 23 novembre del 2010 cominciò il processo per calunnia a carico di Ahnmed Ali Rage detto Gelle, il principale accusatore di Hassan anche se le sue dichiarazioni, rese durante le indagini preliminari, non furono mai confermate al processo. Si costituirono parte civile la madre di Ilaria e lo stesso Hassan che nel frattempo stava scontando a Padova la detenzione. Il 18 gennaio del 2013, il tribunale di Roma assolse Gelle, ritenendolo teste attendibile. Lo stesso Gelle, però, il 16 febbraio del 2015, a una giornalista di Chi l’ha visto? che lo intercettò in Inghilterra, ritrattò tutto e fornì una nuova verità sul caso Alpi: «Hassan è innocente, io neanche ero presente al momento dell’agguato. Mi hanno chiesto di indicare un uomo. Gli italiani avevano fretta di chiudere il caso». E così il 14 gennaio del 2016, su istanza degli avvocati del somalo, la Corte d’appello di Perugia riaprì il processo di revisione. Prima dell’udienza la madre di Ilaria Alpi volle abbracciare Hassan. Il 19 ottobre del 2016 l’imputato fu assolto dall’accusa di duplice omicidio e immediatamente scarcerato. Il 17 febbraio del 2017 la procura di Roma avviò una inchiesta sull’anomala gestione in Italia di Gelle. Ma sei mesi dopo, i pm sollecitarono l’archiviazione, ritenendo impossibile risalire ai mandanti e agli esecutori materiali del duplice delitto e non trovando neppure alcuna prova di presunti depistaggi. Il 30marzo del 2018, la corte d’appello di Perugia dispose il quantum del risarcimento per ingiusta detenzione da attribuire ad Hassan: tre milioni di euro per essere stato in carcere quasi 17 anni da innocente, l’equivalente di 500 euro per ognuno dei 6.363 giorni trascorsi in cella.