Costruire un identikit preciso del potenziale foreign fighter italiano pronto ad arruolarsi nella legione straniera ucraina è praticamente impossibile. Sono ancora troppo poche le informazioni verificabili in merito per poter tracciare un primo bilancio. Fonti di parte parlano di circa 20 mila soldati stranieri, provenienti da 52 paesi diversi, Italia compresa. O almeno così ha dichiarato al Corriere della sera Damien Magrou, caporale dell’esercito ucraino che si occupa proprio dell’arruolamento.

«Abbiamo alcuni italiani. Non ho in mente l’intero elenco. Ma non stiamo parlando di uno dei gruppi più grandi». Già, ma chi sono questi nostri connazionali pronti a immolarsi per la causa ucraina? «Sappiamo chi erano quelli partiti nel 2014 verso il Donbass», spiega Francesco Marone, docente di Relazioni internazionali presso l'Università di Pavia e presso l'Università della Valle d'Aosta e ricercatore associato dell’Ispi. Otto anni fa almeno una sessantina di connazionali partì per combattere su entrambi i fronti: una parte al fianco di Kiev, un’altra con i separatisti filo- russi. «Sicuramente alcuni di questi foreign fighters sono ancora sul territorio ucraino», dice Marone.

«Qualcuno è andato per ragioni economiche- professionali, non tanto per lo stipendio (300- 400 euro al mese) ma per la possibilità di accumulare esperienza da rivendere poi come contractors in altri teatri di guerra. Molti di loro lavoravano già nel campo della sicurezza e in quel contesto hanno avuto l’opportunità di stringere nuove relazioni», argomenta il docente di Relazioni internazionali, che poi prosegue: «Un’altra parte dei foreign fighters, invece, era mossa certamente da motivazioni squisitamente politiche: esponenti dell’estrema destra e neofascisti, soprattutto, andati a combattere su entrambi i fronti».

Tra loro, il più “famoso” è senza dubbio Andrea Palmeri, detto il “generalissimo”, capo ultrà dei Bulldog, gruppo di estrema destra della Lucchese, accusato di aver arruolato e addestrato combattenti filoputiniani da inviare in Donbass. E filo-russi sono anche i pochi militanti dell’ultrasinistra partiti al fianco dei separatisti nel 2014, foreign fighters che, ha differenza dei neofascisti, hanno scelto compattamente un solo fronte: quello di Mosca.

Mercenari, neofascisti o nostalgici dell’Urss poco conta. Per la legge italiana sono tutti perseguibili. Come già successo ad altri italiani arruolati al fianco dell’Isis o, all’opposto, contro il Califfato, insieme alle brigate curde. Il corpus giuridico è vasto: l’articolo 18 della Costituzione vieta espressamente la formazione di associazioni che perseguono scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare; la legge 210 del 1995 punisce tanto il mercenario quanto il reclutatore con pene fino a 14 anni; anche l’articolo 270 quater del Codice penale colpisce l’arruolamento; e, infine, l’articolo 288 del Codice che recita: «Chiunque nel territorio dello Stato e senza approvazione del governo arruola o arma cittadini, perché militino al servizio o a favore dello straniero, è punito con la reclusione da quattro a quindici anni».

Chiunque arruoli senza l’autorizzazione del governo italiano è dunque perseguibile. Autorità ucraine comprese, che in queste settimane, su impul- so del presidente Volodymyr Zelensky, hanno lanciato una campagna internazionale per la creazione di una legione straniera per «difendere la libertà e la democrazia europea». Devono essersi resi conto del problema al Consolato ucraino di Milano, costretto due giorni fa a rimuovere l’appello all’arruolamento dai propri canali social. E non è più possibile aderire dall’Italia alla Legione internazionale nemmeno dal sito fightforua. org, lo spazio web creato appositamente per convogliare i volontari da tutto il mondo. Per aderire all’appello di Zelensky basta cliccare sul nome del proprio Paese, chiamare il numero di telefono indicato e seguire tutte le procedure illustrate passo passo dalle autorità ucraine. È possibile arruolarsi persino dal Vaticano (c’è un numero da contattare), ma l’Italia è stata rimossa dall’elenco. E il motivo è semplice: è illegale.