Pubblichiamo l'intervento di Claudio Foti, psicoterapeuta, condannato nel processo "Angeli e Demoni".

Sono stato condannato a quattro anni di reclusione, non per la vicenda degli affidi di Bibbiano, come invece erroneamente dichiara la Repubblica edizione di Torino, ma per lesioni ai danni di una paziente. Perché è assolutamente importante precisarlo? Il processo mediatico di Bibbiano ha costruito la narrativa di una cupola gestita dagli psicologi che avrebbe gestito gli “affidi illeciti” di Bibbiano. Io sarei stato il capo di quella cupola che avrebbe programmato con false relazioni psicologiche gli ingiusti allontanamenti dei bambini. Ora è fattuale che quella cupola non esiste, che tutti gli psicoterapeuti del Centro Studi Hansel e Gretel sono intervenuti dopo e non prima che gli affidi sono stati già decisi e definiti dal Servizio Sociale della Val d’Enza e dal Tribunale per i minorenni di Bologna. Il processo che si celebrerà a Reggio Emilia a partire dal giugno del 2022 definirà dal punto di vista giudiziario che cosa è successo con questi affidi, come ha lavorato la Procura e se ci sono stati errori o eventualmente reati da parte degli operatori. Come avviene in uno stato di diritto nel contraddittorio fra le parti anche gli imputati avranno diritto di difendersi, cosa che non è avvenuta nel processo mediatico che è arrivato immediatamente alla condanna nei loro confronti senza appello. Io non ci sarò fra questi imputati: sono già stato giudicato in primo grado e la mia condanna per lesioni è tutt’altra storia! Insisto: non ho un capo d’imputazione riguardante gli affidi e l'unica contestazione che mi riguarda è riferita ad una ragazza che non era stata allontanata ma viveva con la madre e per la quale il Tribunale per i Minorenni aveva decretato una psicoterapia del trauma! Io non ho mai lavorato all’interno del Servizio sociale della Val d’Enza; non ho mai avuto alcun ruolo propositivo né tantomeno decisionale riguardo agli affidamenti dei bambini a Bibbiano; addirittura non mi occupavo di bambini a Bibbiano, ma solo di terapie di adolescenti; non ho mai avuto alcun incarico riguardante la gestione o la supervisione degli affidi effettuati né la selezione delle famiglie affidatarie. Peraltro - lo ripeto: tutti noi psicoterapeuti del Centro Studi Hansel e Gretel siamo intervenuti dopo e non prima - non so se è chiaro il concetto - dopo e non prima che gli affidi fossero attuati dagli organi competenti. Per quanto riguarda la mia condanna per lesioni, ritengo che si tratti di una sentenza iniqua, di natura politica e ideologica. E’ stata criminalizzata la psicoterapia del trauma. “Il processo al dott. Foti: un attacco alla psicoterapia del trauma” è il titolo della relazione del mio consulente prof. Cancrini, che vorrei venisse letta. Attendo di ascoltare le riflessioni degli esperti di psicologia clinica una volta che saranno rese disponibili le motivazioni della sentenza, che è entrata nel merito dello svolgimento delle sedute di psicoterapia che ho effettuato con la ragazza. Un giudice può contestare lo svolgimento di un’attività professionale? Certamente sì! Ma lo dovrebbe fare accertando dei fatti. Quale sarebbe stato il danno prodotto alla mia paziente? Chi e come l’ha accertato? Può il giudice entrare nel merito di questioni cliniche e scientifiche? Dirò la mia sulla questione. Per ora ricordo che, se uno psicologo, in sede di colloquio con un bambino, entrasse nel merito circostanziato di fatti che poi saranno oggetto di una testimonianza giudiziaria, il magistrato potrebbe eventualmente indagare sull’ipotesi di una frode processuale da parte dello psicologo. Ma nel mio caso non c’era nulla di tutto questo, tant'è che l’accusa di " frode processuale" è caduta! Per ora ribadisco che sono stato condannato non già per gli “affidi” ma per "lesioni "e in appello potrò dimostrare la mia innocenza anche rispetto a questo.