Il direttore dei giornali "Cronache di Napoli" e "Cronache di Caserta", Ugo Clemente, non ci sta per passare quale cronista che ha rapporti "ambigui con la malavita" campana, come aveva detto Roberto Saviano, accusato di per aver copiato parte di alcuni articoli, pubblicati sui quotidiani diretti da Clemente. Secondo gli ermellini 6mila euro è una cifra non congrua e quindi la somma dovrà essere rideterminata in altra sede, prima di giungere a una sentenza definitiva. Roberto Saviano, come riporta Libero nell'intervista fatta al giornalista campano, ieri è tornato di nuovo sull'argomento. Clemente risponde così: «Non è la prima volta che lo fa, così abbiamo contattato i nostri legali e abbiamo deciso di sporgere querela per la tutela della nostra immagine. Credo si tratti di una ritorsione per aver chiesto che venisse riconosciuto un nostro diritto». Perché Saviano accusa i giornali di vicinanza alla Camorra? Lo spiega Clemente: «Ha ripostato una fotografia di una prima pagina del Corriere di Caserta che risale a vent'anni fa e che riguarda la vicenda di Don Peppe Diana. Parliamo del parroco di Casal di Principe ucciso dalla camorra nel '94, durante una guerra tra due fazioni opposte del clan dei casalesi. Dopo qualche tempo vennero arrestati i due presunti assassini, che in seguito sono poi stati condannati. Il procuratore capo di Santa Maria Capua a Vetere fece una conferenza stampa per raccontare i fatti e disse che Diana era stato arrestato perché custodiva le armi per conto di una fazione dei Casalesi. All'epoca Repubblica, il Corriere, il Mattino e altri riportarono questa tesi, che è esattamente quel che abbiamo fatto noi. Cronaca». Saviano, secondo quanto dichiarato dal direttore dei due quotidiani, entra in redazione affermando di voler scrivere un saggio e inizia ad avere rapporti con Simone Di Meo, cronista. «Simone e altri colleghi della cronaca che si occupavano di camorra gli hanno fornito volentieri quel che gli serviva, tra sentenze e articoli. Naturalmente ricevendo la garanzia che avrebbe citato le fonti. Quando è uscito Gomorra, però, Simone Di Meo si è accorto che c'erano delle parti copiate. In seguito altri giornalisti hanno riconosciuto altre parti di loro articoli, hanno messo assieme tutto e hanno fanno causa insieme. Tra i tanti estratti contestati, per tre è poi stato riconosciuto effettivamente il plagio. In più c'è un altro articolo per cui si è arrivato a un accordo». Clemente insomma rifiuta ogni accostamento con i casalesi, al punto che ricorda la famosa telefonata di Zagaria e Iovine a un giornalista delle testate. «Al contrario di Saviano i nostri colleghi non sono neanche sotto scorta. A due colleghe hanno incendiato la macchina. Un boss ha fatto un'intervista su un giornale online per minacciare un altro nostro giornalista. Zagaria e lovine - che per intenderci sarebbero i Provenzano della camorra casalese - hanno chiamato in redazione da latitanti per dire a un nostro cronista "la devi smettere di scrivere stronz***". Tra l'altro la telefonata è stata registrata e si trova online. Raiuno l'ha anche mandata in onda. Insomma si tratta di minacce che hanno lasciato il segno. Una delle nostre colleghe ha dovuto cambiare domicilio per paura di essere rintracciata. Anche per lei niente scorta. Questa disparità di trattamento è incomprensibile. Ecco perché quei risarcimenti per plagio ci sembravano irrisori ed ecco perché per fortuna la Cassazione ci ha dato retta».