Con un documento “a difesa dell'indipendenza della magistratura” arriva la reazione anche della Giunta dell’Unione delle Camere penali italiane alle parole dell’Ocse sulla nostra giustizia. Come dato conto in articoli precedenti, l’Organizzazione per la cooperazione internazionale e lo sviluppo economico
con un report ha bacchettato l’Italia per il basso numero di condanne nei processi per corruzione internazionale. Inoltre il presidente del Gruppo di lavoro, Drago Kos, ha scritto una inusuale lettera a sostegno di Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, l’accusa nel caso Eni-Nigeria, oggi a processo per rifiuto d’atti d’ufficio. Dietro questa iniziativa, come ha ricordato la nostra collega Simona Musco, «c’è
una lettera di quindici magistrati e giuristi di dodici nazioni, una lettera durissima con la quale si punta il dito, in primis, contro i magistrati di Brescia, colpevoli di aver messo sotto accusa le due toghe per la gestione delle prove nel processo contro il colosso energetico».
Per i penalisti, se è «comprensibile» che l’Ocse «si occupi anche dei rapporti tra economia e corruzione internazionale», tuttavia «appare meno comprensibile che un suo gruppo di lavoro non solo monitori il numero delle sentenze di condanna e di assoluzione di una nazione, ma che, ritenendo evidentemente le seconde una anomalia dei sistemi giudiziari, ne denunzi la frequenza e ne critichi i principi di diritto e le valutazioni di fatto che le hanno ispirate». Secondo il gruppo di avvocati guidati da Gian Domenico Caiazza, «non si tratta solo di una grave interferenza nell’attività giudiziaria di uno Stato sovrano, particolarmente insidiosa anche perché riferita a processi in corso, ma di un inaccettabile attacco all’indipendenza della magistratura, giudicante e requirente, altresì connotato dall’insinuazione per la quale la magistratura italiana darebbe una sorta di copertura giudiziale alle pratiche corruttive delle aziende nazionali all’estero».
L’indipendenza della magistratura, appunto, che, a parere invece del presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, non sarebbe stata messa in dubbio nel documento dell’Ocse, come ha riferito al
Foglio: «Per noi non si pone un problema di lesione dell'indipendenza dei giudici. Nel rapporto c’è una frase in cui si fa espresso riferimento» ad essa. Non la pensano così invece
Enrico Costa, che ha preannunciato una interrogazione parlamentare, ma anche Pierantonio Zanettin e Delmastro delle Vedove, così come Giorgio Spangher. Insomma la chiave di lettura prevalente è quella di un attacco all’indipendenza delle nostre toghe. Si tratta di «un valore costituzionale - leggiamo nella nota della Giunta Ucpi - che la magistratura associata indica come in pericolo pressoché quotidianamente, vuoi per una proposta di riforma legislativa, vuoi per il trasferimento di un collega. Invece, di fronte alla più grave delle interferenze, delle delegittimazioni e delle insinuazioni, è calato il silenzio dell’Associazione nazionale magistrati. Non importa se un organo sovranazionale afferma che i giudici italiani assolvono troppo, che non sanno valutare le prove, che andrebbero rieducati, che le sentenze e le requisitorie sono sbagliate: pare che il loro presidente abbia derubricato tutto ciò a “raccomandazioni generali”». «Noi no», concludono: «Noi penalisti italiani, sempre critici severi dell’attuale sistema giudiziario, diciamo ai magistrati italiani (ed alla politica) che mai come in questo caso occorre reagire istituzionalmente per difendere insieme l’indipendenza della magistratura, irrinunciabile garanzia per i cittadini».