L’udienza di oggi davanti alle Sezioni Unite della Cassazione per decidere sui ricorsi presentati dal procuratore di Roma Michele Prestipino contro la bocciatura della sua nomina da parte del Consiglio di Stato arriva con il parere negativo del procuratore generale, che ha chiesto di dichiarare inammissibile o comunque infondato il ricorso dell’attuale numero uno di Piazzale Clodio. Il che potrebbe mettere definitivamente la parola fine all'esperienza di Prestipino alla guida della procura di Roma, dopo il voto della V Commissione del Csm, che giovedì scorso ha proposto i nomi del procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi (4 voti) e del procuratore generale di Firenze, Marcello Viola (1 voto) alla guida di Piazzale Clodio. Le speranze per l’attuale procuratore sono ridotte al lumicino. Una sentenza favorevole, benché assai improbabile, potrebbe azzerare nuovamente il lavoro fatto dalla Commissione Direttivi. Ma alla luce della posizione della procura generale, appare sempre più probabile che a guidare la procura di Roma, entro l’inizio del 2022, sia Lo Voi. Il Consiglio di Stato, nei mesi scorsi, ha sentenziato l’illegittimità della sua nomina sia per il passo indietro della V Commissione, che aveva ritirato la proposta a favore di Viola, nonché per l’errata comparazione dei titoli tra Prestipino e gli altri due candidati. In entrambi i casi, dunque, stando a Palazzo Spada, Prestipino non avrebbe potuto avere la meglio sui due contendenti, entrambi appartenenti alla corrente di Magistratura Indipendente. Nel chiedere l’inammissibilità del ricorso di Prestipino, che lamentava i vizi di «eccesso di potere giurisdizionale» e «invasione della sfera di discrezionalità riservata al Csm», il procuratore generale Renato Finocchi Ghersi ha anche risposto ai “timori” di Palazzo dei Marescialli, che nel costituirsi “ad adiuvandum” al fianco del magistrato attende una risposta sui limiti del giudice amministrativo nell’indicare i termini entro cui deve essere nuovamente esercitato, in caso di annullamento, il potere della V Commissione e del Consiglio superiore in ambito di scelta degli incarichi direttivi e semidirettivi. Per il pg della Cassazione, «deve escludersi che la pronuncia impugnata abbia violato i limiti esterni della giurisdizione del Giudice amministrativo nei confronti dei provvedimenti del Csm». Il Consiglio di Stato aveva contestato il fatto che la V Commissione, anche successivamente alla proposta del 23 maggio 2019, nella quale aveva indicato Viola come l’aspirante maggiormente titolato, «avrebbe ben potuto riconsiderare tale proposta per ragioni derivanti da fatti sopravvenuti», ma «soltanto per concrete, oggettive, esternate e giustificate ragioni tecnico professionali sopravvenute circa i candidati già selezionati». Quella delibera, però, venne ritirata in assenza di elementi capaci di giustificare tale scelta. Il Consiglio di Stato, dunque, «men che invadere le attribuzioni del Csm, ha ricercato la “voluntas legis” applicabile nel caso concreto, desumendola dal tenore letterale delle norme e dal loro coordinamento sistematico nell’ambito dei principi generali che regolano il procedimento amministrativo». Secondo Prestipino, la decisione dei giudici amministrativi sarebbe viziata anche da una errata interpretazione dell’articolo 18 del Testo unico sulla dirigenza giudiziaria, che equipara i profili direttivi e semidirettivi. Ma anche in questo caso il pg non è d’accordo: «Il procuratore aggiunto è destinatario di provvedimenti di assegnazione degli affari da parte del titolare dell’ufficio e che non esercita compiti autonomi di direzione, al più potendo svolgere compiti di coordinamento di gruppi di lavoro nell’ambito delle deleghe conferitegli. Da questa ampia ricognizione normativa - conclude il pg - il Consiglio di Stato desume che “la figura del procuratore aggiunto è comunque sottoordinata” a quelle del procuratore e del procuratore della Corte d’Appello».