Siamo giunti a 13 suicidi in meno di due mesi dall’inizio dell’anno. L’ultimo – come ha notiziato la garante del comune di Roma Gabriella Stramaccioni - è avvenuto giovedì scorso al nuovo complesso del carcere romano di Rebibbia. Tra i suicidi, in realtà, uno è ancora da chiarire. Parliamo del detenuto tunisino, 33enne, ritrovato agli inizi di febbraio riverso nel bagno della cella del carcere di Monza. Nel cestino accanto al corpo è stata ritrovata una bomboletta di gas vuota. La procura sta indagando. Resta il fatto che, ancora una volta, i fornellini a gas per cuocere il cibo diventano un’arma contro se stessi o gli altri. Eppure, una soluzione per ovviare al problema c’è.

I fondi dovrebbero essere utilizzati non per ampliare ma per mettere in sicurezza gli edifici

Anche con questo governo, i fondi per l’edilizia vengono usati per ampliare i padiglioni. Quindi, aumentare la capacità del sistema penitenziario si tratta, di fatto, di una vecchia opzione e rischia di amplificare alcune criticità in mancanza di una ampia progettualità. I fondi dovrebbero essere, invece, indirizzati per la messa in sicurezza di tutti gli istituti penitenziari che presentano situazioni non a norma. A dirlo da tempo è Stefano Anastasìa, il garante dei detenuti del Lazio e portavoce dei Garanti territoriali delle persone private della libertà.

Si potrebbero sostituire le bombolette con fornellini a induzione

Tra le varie criticità da risolvere con i fondi, una è proprio quella di sostituire le bombolette con un fornellino elettrico, magari in induzione. Solo così si mettono in sicurezza i detenuti che hanno la necessità - anzi il diritto - di poter cucinare. I soldi per l’edilizia penitenziaria sono importanti, ma andrebbero appunto indirizzati per rendere più moderne e sicure le carceri esistenti. A partire dai servizi igienici, le docce che dovrebbero essere individuali (ricordiamo la pandemia e il contagio diffuso anche per questo motivo), il rifacimento delle cucine e via discorrendo fino ad arrivare anche ai piccoli dettagli, ma non insignificanti come appunto l’utilizzo delle bombolette a gas.

I detenuti con problemi di tossicodipendenza inalano il gas dalle bombolette dei fornellini

E sono proprio le bombolette che, in particolar modo per i detenuti con problemi di tossicodipendenza, aiutano a ritrovare un po' di euforia artificiale attraverso l’inalazione del gas. Un modo per evadere dall’alienazione del carcere, fuggire dall’angoscia delle sbarre. Il gas del fornellino da campeggio non ha un effetto del tutto analogo al protossido di azoto, il gas anestetico utilizzato nelle sale operatorie noto per i suoi effetti esilaranti, ma in carcere pare venga utilizzato come alternativa alle droghe perché, comunque, stordisce. Resta il fatto che i gas, tutti i gas, creano un'ipossia generalizzata. In altre parole, vanno in sofferenza uno dopo l'altro tutti gli organi. Come i gas rilasciati da alcuni tipi di colle e solventi, il metano e il butano mettono ko l'emoglobina, deputata a trasportare ossigeno ai tessuti. All'inizio c'è lo stordimento, il cervello va in carenza di ossigeno, poi subentra l'euforia, ma poi comincia l'intossicazione dell'organismo. E i danni posso essere pesanti. L'intossicazione è multiorgano, può essere irreversibile e quindi portare anche alla morte.

Anastasìa: «Sono almeno quindici anni che si discute delle piastre elettriche»

Che fare quindi? Com’è detto la soluzione c’è. Il garante regionale Stefano Anastasìa lo ha ribadito ancora una volta in occasione del recente suicidio avvenuto nel carcere di Regina Coeli. L’uomo di origini afghane si è ammazzato con il gas della bomboletta usata dai detenuti in cucina. «Sono almeno quindici anni che si discute delle piastre elettriche per gli “angoli cottura” delle camere detentive. Invece di costruire nuovi inutili padiglioni, per tenere in carcere autori di reati da niente, non era meglio usare i fondi del Pnrr per l’adeguamento degli istituti esistenti alla normativa di sicurezza e igienico-sanitaria vigente?», ha chiosato il garante del Lazio.