Chissà cosa avranno pensato gli ergastolani ostativi quando per l’ennesima volta hanno visto la Corte costituzionale non prendere una decisione di merito sul fine pena mai. Forse il loro pensiero non è mai entrato in gioco in questa partita, tranne che per il consigliere di Cassazione Giuseppe Santalucia, che sollevò ormai anni fa il dubbio di legittimità costituzionale, dicendo che il diritto alla speranza non andrebbe negato a nessuno. E incredibilmente ora la palla torna proprio a lui, perché la Consulta ha deciso di restituire gli atti a Piazza Cavour. «Dopo due rinvii disposti per concedere al legislatore il tempo necessario al fine di intervenire sulla materia (ordinanze n. 97 del 2021 e n. 122 del 2022), la Corte costituzionale ha nuovamente esaminato oggi (ieri, per chi legge, ndr), in camera di consiglio, le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Corte di Cassazione, sulla disciplina del cosiddetto ergastolo ostativo. Oggetto di scrutinio sono le disposizioni che non consentono al condannato all’ergastolo per delitti di contesto mafioso, che non abbia utilmente collaborato con la giustizia, di essere ammesso al beneficio della liberazione condizionale, pur dopo aver scontato la quota di pena prevista e pur risultando elementi sintomatici del suo ravvedimento». In attesa del deposito dell’ordinanza, la Consulta ha fatto sapere di aver «deciso di restituire gli atti al giudice a quo, a seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, che contiene, fra l’altro, misure urgenti nella materia in esame». Il motivo? «Le nuove disposizioni – si legge in una nota della Corte - incidono immediatamente e direttamente sulle norme oggetto del giudizio di legittimità costituzionale, trasformando da assoluta in relativa la presunzione di pericolosità che impedisce la concessione dei benefici e delle misure alternative a favore di tutti i condannati (anche all’ergastolo) per reati cosiddetti “ostativi”, che non hanno collaborato con la giustizia. Costoro sono ora ammessi a chiedere i benefici, sebbene in presenza di nuove, stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati che vengono in rilievo». Pertanto gli atti vengono «restituiti alla Cassazione, cui spetta verificare gli effetti della normativa sopravvenuta sulla rilevanza delle questioni sollevate, nonché procedere a una nuova valutazione della loro non manifesta infondatezza». Qual è lo scenario futuro? Tra due o tre mesi la Cassazione potrà esprimersi. In quel momento il decreto legge sarà stato convertito dal Parlamento e quindi Santalucia potrà esprimersi direttamente su quella legge definitiva. Lì ci sarà un bivio: per l’ermellino la legge di conversione, pur ponendo paletti stringenti, permette in teoria all’ergastolano ostativo non collaborante di poter richiedere l’accesso alla liberazione condizionale. Oppure il giudice risolleva il dubbio dinanzi alla Corte costituzionale che ne valuterà la conformità a Costituzione.

Ergastolo ostativo, la Consulta non decide. Ecco le reazioni

L’avvocato Giovanna Araniti, legale di Salvatore Pezzino, in carcere dal 1984 e dal cui ricorso tutto è iniziato, così commenta: «Prendo atto della decisione della Consulta e mi auguro che la Corte di Cassazione valuti oculatamente, come ha già fatto, la nuova normativa e risollevi la questione dinanzi ai giudici costituzionali». Per l’avvocato Michele Passione, assiduo frequentatore della Consulta, «in attesa di leggere l’ordinanza, dispiace che la Corte abbia deciso di restituire gli atti al giudice a quo e non attendere la conversione in legge del decreto del Governo. Sarebbe stata una decisione non soddisfacente rispetto alle richieste della parte privata ma certamente avrebbe evitato il gioco dell’oca che questa soluzione comporta. Vedremo cosa succederà, intanto tutti gli ergastolani che attendevano una risposta chiara ricominciano ora con una attesa infinita verso una nuova decisione». Dunque la Corte ha accolto la richiesta dell’Avvocatura dello Stato rappresentata da Ettore Figliolia: «Credo che il legislatore governativo sia stato pedissequo con quanto richiesto dall'ordinanza della Consulta» con la sua ordinanza del 2021, aveva detto ieri mattina. Pertanto il nuovo decreto legge, secondo il legale, è da ritenersi «legittimo». Secondo l'Avvocatura dello Stato c’erano dunque i presupposti per la remissione degli atti del procedimento alla Corte di Cassazione, che aveva sollevato la questione davanti alla Consulta. Quest'ultima ha accolto questa richiesta, senza però entrare formalmente nel merito del decreto legge. Si era espressa diversamente Araniti, che aveva chiesto alla Corte di dichiarare incostituzionale il decreto legge del Governo Meloni perché vigente. Esso rappresenta, aveva detto, la «morte del diritto alla speranza, spero invece che la Corte emetta una sentenza di illegittimità costituzionale che rappresenti il germoglio di un nuovo umanesimo. Il principio della riabilitazione della pena deve valere per tutti». Aveva proseguito: «Ci troviamo dopo 18 mesi senza una legge approvata dal Parlamento ma con un decreto, proposto alle Camere come antidoto». Ma quel decreto, a parere della legale, non ha «i presupposti per la decretazione d'urgenza». Sulla decisione della Consulta i dirigenti di Nessuno tocchi Caino Rita Bernardini, Sergio d’Elia ed Elisabetta Zamparutti hanno dichiarato: «Una scelta pilatesca quella della Corte costituzionale, che aveva a suo tempo accertato la incostituzionalità dell’articolo 4bis ma non l’ha mai dichiarata. Sicuramente la Corte se ne è lavata le mani. Ci chiediamo dove sia finita la sua alta funzione, che è quella di valutare le leggi. La Corte ha fatto il passacarte: prima al Parlamento con ben due rinvii – il primo di un anno e il secondo, particolarmente grave, di altri sei mesi - e poi alla Cassazione a cui ha, come ha chiesto il Governo, restituito gli atti per una valutazione del decreto».