Il fatto non costituisce reato. La Corte d’Appello di Firenze ha assolto Tiziano Renzi e Laura Bovoli, genitori dell’ex premier Matteo Renzi, a processo insieme all'imprenditore Luigi Dagostino - gestore dell'outlet The Mall di Reggello - per l’emissione di false fatture. Un processo sempre usato contro il leader di Italia Viva come una clava, oggi spezzata dalla decisione dei giudici. Dagostino, soprannominato “il re degli outlet”, è stato assolto dall’accusa di false fatture, ma a suo carico resta la condanna per truffa (reato di cui non erano accusati invece i coniugi Renzi), calcolata in nove mesi. Un’assoluzione che arriva «dopo anni di lotta e dolore», ha commentato il senatore di Rignano sull’Arno pubblicando una foto d’infanzia. «Sono felice per loro e per tutti noi - ha aggiunto -. Non auguro a nessuno di vivere ciò che hanno dovuto vivere i miei, non si meritavano tanto odio. Ha vinto la giustizia, ha perso il giustizialismo».
Assolti i genitori di Renzi, le tappe della vicenda giudiziaria
In primo grado, tre anni fa, Renzi e Bovoli erano stati
condannati dal Tribunale di Firenze a un anno e nove mesi di reclusione, mentre Dagostino era stato condannato a due anni. Il processo verteva su due presunte fatture false emesse dalla Party srl (da 20mila euro più Iva) e dalla Eventi 6 srl (140mila euro più Iva), società imprenditoriali gestite dai coniugi Renzi.La truffa aggravata sarebbe stata commessa da Dagostino perché avrebbe pagato i coniugi di Rignano sull’Arno (Firenze) per lavori inesistenti. Secondo l’accusa la fattura da 140mila euro per progetti di fattibilità su aree ricreative e per la ristorazione all’outlet del lusso “The Mall” di Reggello (Firenze) sarebbe stata emessa per consulenze pagate ma non realizzate, mentre l’altra fattura da 20mila euro risultava emessa dalla Party srl (unica fattura emessa nel 2015), società fondata da Tiziano Renzi (con il 40% della quote) e dalla Nikila Invest, srl amministrata da Ilaria Niccolai (60%), compagna dell’imprenditore Luigi Dagostino. «Sono molto soddisfatto, prima che professionalmente umanamente - ha commentato al Dubbio l’avvocato Filippo Bagattini, difensore dei coniugi Renzi -. Oggi sia Tiziano Renzi sia Laura Bovoli hanno reso dichiarazioni piene di commozione, perché hanno consegnato alla Corte la loro sensazione che fosse in gioco la loro vita professionale e la loro dignità umana, che è stata travolta e macchiata dalla condanna di primo grado». Durante l’udienza, infatti, Renzi ha voluto prendere la parola, per smentire di aver mai chiesto al figlio favori e piaceri. «Io non ho mai chiesto nulla a mio figlio Matteo in materia di incarichi e nomine politiche. Anzi, è stato Matteo a riferirmi che anni fa il marito di una magistrata si era rivolto a lui per la nomina di un’istituzione politica», ha detto in aula. «La legge è uguale per tutti, anche per chi si chiama Renzi. Non ho mai fatto fatture false in vita mia - ha aggiunto Bovoli -. Mio marito Tiziano è esperto nel settore commerciale ma non capisce nulla in amministrazione - ha aggiunto -. Mi assumo completamente la responsabilità della fattura da 20 mila euro fatta da Party srl per un lavoro ben preciso che avrebbe dovuto svilupparsi, cioè attirare i clienti verso i negozi poco frequentati nell'outlet The Mall. Progetto mai andato fino in fondo perché, grazie al fango gettato dalla stampa, sono stata costretta a chiudere l'azienda. Mio figlio, allora a Palazzo Chigi, mi disse di chiudere l'azienda. E così feci. Ma dopo 30 anni di lavoro potevo rovinarmi per 20 mila euro?».La procura generale aveva chiesto la conferma delle condanne in primo grado, ma la Corte ha smentito l’esistenza di alcun reato. «Il processo è un processo di parti, ognuno svolge il proprio ruolo, dovendosi presumere che ciascuno lo faccia in totale buonafede e correttezza - ha aggiunto Bagattini -. Credo che possa essere stato non irrilevante il contributo che questa mattina (ieri, ndr) la Corte ha ritenuto di dover accettare da parte della difesa, cioè l’acquisizione di tutta una serie di documenti che vengono da quel procedimento, per così dire, “parallelo” istruito in costanza del processo di primo grado per verificare un’ipotesi di traffico di influenze da parte del dottor Renzi. Quel procedimento si è concluso con una sonora archiviazione e quindi con la smentita che in qualche modo quelle fatture potessero andare a compensare altri inconfessabili piaceri». La formula assolutoria, dunque, cancella totalmente le convinzioni maturate con il primo grado di giudizio, quando, secondo i giudici, «per quanto emerso dall'istruttoria dibattimentale, risulta sussistere un compendio probatorio preciso ed univoco che consente di affermare, senza incertezze, la ricorrenza di tutti gli elementi costitutivi dei reati contestati ai tre imputati». Una contorsione? No, normali dinamiche processuali, sottolinea Bagattini. «Se il legislatore ha dovuto immaginare la formula dell’oltre ragionevole dubbio vuol dire che nella giustizia umana c’è sempre un margine d’errore - aggiunge -. Le impugnazioni servono proprio a questo e forse questa è una lezione che può essere rivolta a tutti coloro che spesso immaginano il processo penale senza l’appello. La giustizia umana è di per sé fallibile, se togliamo pure le impugnazioni vuol dire far entrare nel patrimonio definitivo delle persone gli errori giudiziari». Ma quanto ha pesato il ruolo di Matteo Renzi nelle vicende che riguardano i suoi genitori? «C’è chi pensa che c’entri - conclude il legale -, io faccio l’avvocato e quindi devo essere preservato da questo tipo di considerazioni. Il giorno in cui acquisissi la certezza che queste cose succedono farei molto meglio a non alzarmi dal letto e smettere di fare l’avvocato».