PHOTO
avvocati riforme legislatore
Come svolge la propria attività l’avvocato? Quali sono le forme più redditizie di esercizio della professione? Sono alcune delle domande a cui risponde il Rapporto sull’Avvocatura del 2023 predisposto dal Censis in collaborazione con Cassa forense, pubblicato il 12 aprile scorso, di cui il Dubbio ha riportato gli elementi più interessanti sul fronte del numero e della distribuzione degli avvocati e su quello del loro reddito.
Il primo dei due quesiti iniziali è sviluppato nella tabella 16 del Rapporto, che illustra la variazione del fatturato per tipologia di attività professionale che lo determina. Senza troppa sorpresa, si scopre che metà del lavoro forense deriva (statisticamente, considerando le risposte dei 22mila avvocati intervistati) dai giudizi in materia civile (49,6%). Al secondo posto, come fonte di ricavi, si trova l’attività di consulenza in materia civile (16,4%) e al terzo, l’assistenza dei clienti nei processi penali (12,2%). Curiosamente, la quarta fonte di fatturato risulta essere la stabile collaborazione con altri studi (7,1%), mentre pare marginale l’attività di mediazione e di negoziazione assistita, i cui introiti non consentono di andare mediamente oltre il 3% del fatturato. Ancora più modesto è il contributo dei giudizi presso Tar e Consiglio di Stato (2,2%), e quasi irrilevante la percentuale della remunerazione proveniente dalle consulenze nel settore del diritto penale (1,6%) e del diritto amministrativo (1,3%).
Insomma, nonostante gli auspici per rafforzare la componente consulenziale del reddito degli avvocati, come ribadito dallo stesso presidente del Cnf Francesco Greco in occasione della presentazione del Rapporto, per il momento sembra che l’attività tradizionale, ossia quella di assistenza dei clienti nei processi (per la quale gli avvocati hanno l’esclusiva), rimanga la principale fonte di remunerazione, mentre la consulenza (che è in concorrenza con altre professioni) non supera la soglia del 25% del fatturato (includendovi però anche le “Altre attività”, indicate nella tabella 16).
Ma da dove arriva esattamente la remunerazione degli avvocati? Ovvero, chi sono i loro clienti? La disanima delle varie categorie di committenti si trova nella tabella 18 dello studio realizzato da Censis e Cassa forense, in cui emerge che la metà del fatturato è generato da clienti persone fisiche (49,6%), mentre poco più di un quinto (21,4%) del guadagno è originato da piccole e medie imprese. La terza tipologia di clienti per valore del fatturato sono gli avvocati stessi (9,9%), mentre le grandi aziende (quelle con oltre 250 dipendenti) contribuiscono ai ricavi per il 6,5%. Considerato poi che le pubbliche amministrazioni danno incarichi che valgono solo il 3,1% degli introiti complessivi dei professionisti del diritto, viene spontanea la riflessione secoindo cui la nuova disciplina sull’equo compenso impatterà solo sul 10% del fatturato degli avvocati, visto che essa si applica solo a grandi aziende e Pa.
Tornando al richiamo delle tipologie di clienti, vale la pena segnalare che soggetti collettivi come condomini, associazioni, sindacati e altri rappresentano il 4,6% del fatturato, mentre i Tribunali, per effetto degli incarichi giudiziali (curatele, amministrazioni, ecc.) permettono di generare appena il 2,7% del giro d’affari.
In conclusione, l’avvocato pare rimanere un professionista di vicinanza, a stretto contatto con i cittadini e le loro forme organizzate, mentre la clientela business non permette di ottenere più del 30% dei propri guadagni. Questo legame dell’avvocato con il proprio territorio è confermato dai contenuti della tabella 17, dove si evidenzia che tre quarti del fatturato (73,5%) è ricavato da una clientela locale, ossia nell’abito della stessa provincia in cui è localizzato lo studio. La parte rimanente dei ricavi è ottenuta per un 13,1% dalla stessa regione in cui opera il professionista forense, e per un 11,5% da clienti sparsi sul territorio nazionale. Minimo è il contributo della clientela internazionale, che genera solo l’1,9% del giro d’affari.
Insomma, sono pochi gli avvocati a muoversi su direttrici che attraversino l’intero Paese, e ancora meno quelli che hanno come riferimento i mercati esteri. Ma “come” lavorano gli avvocati? Anche questa curiosità trova soddisfazione osservando la tabella 15, che indica l’origine del fatturato in funzione delle modalità di svolgimento dell’incarico.
Ebbene, il 73,4% del fatturato è ottenuto svolgendo l’incarico di persona, mentre l’uso delle comunicazioni via email permette di generare un 12,4% dei ricavi, e il telefono il 9,1%. Ultima modalità considerata dal Rapporto è l’uso di piattaforme, che permette di guadagnare il 5,1% del tutto. Dato che l’uso dei mezzi di comunicazione è stato finora possibile solo per le attività consulenziali, queste percentuali trovano corrispondenza in quelle relative alla tipologia di attività svolta. In futuro, con la riforma Cartabia dei processi, è però da attendersi un maggior impiego degli strumenti di comunicazione, anche per la gestione delle attività di udienza.
In conclusione, sembra comunque che la strada per la modernizzazione della professione forense sia ancora in larga parte da percorrere.