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«Un principio per me è dogmatico è "la mia libertà finisce dove comincia la tua"». Il governatore del Veneto Luca Zaia cita Martin Luther King per intervenire sul tema dei vaccini e sulle proteste di piazza contro il green pass. «Il dibattito è il sale della democrazia - sottolinea Zaia - e alla Lega va riconosciuto che nel partito non c’è una dittatura che impone il pensiero unico». «Gli amministratori hanno fatto tutto il possibile per dare risposte ai cittadini. La vicenda dei vaccini e dell’obbligo apre scenari che vanno oltre l’emergenza attuale. Noi siamo cresciuti con la sanità pubblica, ci siamo fatti tutte le vaccinazioni con i piani di sanità pubblica, molti di noi hanno la cicatrice sul braccio. Oggi invece nascondendosi dietro i concetti di libertà e privacy uno può fare quello che vuole», aggiunge il governatore del Veneto. Che in un'intervista al Corsera spiega: «La Lega è sempre stata un partito di composizione sociale e culturale variegata, ci sta che qualcuno non la pensi come te. Detto questo, non mi risulta che il partito abbia deciso di rinnegare l’attività dei propri amministratori, presidenti e sindaci. Un discorso è discutere legittimamente sull’obbligatorietà, come fa il segretario Salvini. Altra cosa è farsi portatori di una linea in cui io assolutamente non mi identifico. E mi rifiuto di pensare che sia quella del partito». Lo stesso Salvini - accusato insieme a Giorgia Meloni di "accarezzare il pelo ai no-vax - ha chiarito in un'intervista alla Stampa che «la linea della Lega non è "no vax"» e in merito ai leghisti scesi in piazza contro il green pass ha detto che «il primo partito del Paese ha diverse sensibilità sia tra gli elettori che tra gli eletti: non siamo una caserma». «Non posso accettare - conclude Zaia - quando sento qualcuno dire che il virus non esiste, che è un complotto. Io tendo una mano anche a questi signori, però, perché capisco che dopo 17 mesi di sofferenza non abbiamo bisogno di conflitti ora. L’appello del presidente Mattarella è giusto, come è giusta la libertà di manifestare, ma poi dipende dai contenuti. Nella prima fase cantavamo sui balconi perché avevamo tutti paura di morire, diciamoci la verità. E oggi qualcuno dice che il virus non esiste: così non ci siamo».