Il richiamo del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è arrivato forte e chiaro. Il sunto di quanto il capo dello Stato ha spiegato ai presidenti di Senato e Camera, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana, è che troppi emendamenti durante l’esame parlamentare rischiano di stravolgere i decreti legge rispetto ai testi di ingresso, in un contesto in cui già si fa abuso, ormai da anni, dei decreti legge rispetto alle leggi ordinarie. Il richiamo ha riguardato anche l’eccessiva eterogeneità di alcuni provvedimenti considerati “omnibus”.

«Purtroppo - ha spiegato la ministra per le Riforme, Maria Elisabetta Alberti Casellati - da tanti e troppi anni ci sono emergenze gravi e questo purtroppo comporta spesso il fatto che in un decreto si mettano norme di vario genere che riguardano varie emergenze». Quindi, è il ragionamento, «il presidente della Repubblica richiama perché è giusto che ci sia anche una tecnica normativa che venga rispettata, però è un fenomeno che purtroppo dura da troppo tempo. Io ho fatto il presidente del Senato e quindi ne ho avuto contezza».

Secondo il capogruppo del Pd al Senato, Francesco Boccia, «l’appello lanciato dal capo dello Stato a ridurre la decretazione d’urgenza e l’invito ai presidenti delle Camere ad un controllo più accurato dei provvedimenti è sacrosanto» perché «è evidente che molti decreti non hanno più quella necessità e urgenza che dovrebbe caratterizzarli ma ormai servono al governo solo per poter andare avanti senza inciampare nelle divisioni, che ci sono e sono importanti, della maggioranza».

A sottolineare il richiamo di Mattarella è l’alleanza Verdi-Sinistra, secondo la quale quello del capo dello Stato è «un ammonimento che sostiene l’importanza del processo legislativo e il rispetto delle materie di competenza dei decreti». Secondo il coportavoce nazionale Angelo Bonelli, «la tendenza a riempirli di emendamenti estranei all'oggetto originario non solo confonde il contenuto dei provvedimenti stessi, ma va anche a minare la funzione del Parlamento, rischiando di ridurlo a un mero votificio».