Potrebbe già esserci un “prima” e un “dopo” nei rapporti tra Giorgia Meloni e la magistratura. Prima dell’iscrizione nel registro degli indagati del sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro e dopo l’interrogatorio dell’esponente di Fratelli d’Italia per presunta rivelazione e utilizzazione del segreto di ufficio. Perché che l’atteggiamento dei meloniani nei confronti delle toghe sia già cambiato è un dato di fatto testimoniato dalle parole dure pronunciate da alcuni dei colonnelli più vicini alla premier.

A cominciare dal ministro dell'Agricoltura e della sovranità alimentare, nonché cognato della presidente del Consiglio, Francesco Lollobrigida, che ha aperto più di uno spiraglio all’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sull’uso politico della magistratura. La proposta - rilanciata tre giorni fa dal capogruppo forzista alla Camera Alessandro Cattaneo, a poche ore dall’assoluzione di Silvio Berluconi nel processo Ruby Ter - era stata inizialmente accolta con freddezza dagli alleati di governo, con parecchi distinguo e vari freni a mano tirati all’improvviso per scongiurare di inaugurare una nuova stagione di contrapposizione tra poteri dello Stato.

L’interrogatorio di Delmastro, però, sembra aver cambiato le carte in tavola, soprattutto per gli esponenti del partito della prudenza: Fratelli d’Italia. «Non è solo Forza Italia che ha chiesto commissioni su questo tema», ha sottolineato Lollobrigida, uno degli uomini più potenti del governo. Un approfondimento sul ruolo della magistratura è stato richiesto anche «da parte di forze che sono attualmente all'opposizione, ricordo proposte analoghe, perché quello che emerse dal libro di Palamara è un chiarimento che a mio avviso non c'è stato fino in fondo», è il messaggio tutt’altro che criptico lanciato dal ministro. Perché, è ancora il ragionamento di Lollobrigida, serve «un chiarimento che non va fatto contro la magistratura ma insieme alla magistratura, con la gran parte dei magistrati che ritengo essere sani e latori di un messaggio agli italiani che verrà e può essere confortato proprio marginalizzando chi usa un potere dello Stato per condizionarne un altro in modo illegittimo e in contrasto aperto con quello che è il disegno costituzionale».

L’ipotesi commissione d’inchiesta, dunque, finora stoppata dalle colombe, potrebbe tornare utile per lanciare un segnale alle toghe. Perché, ed è sempre Lollobrigida a rimarcarlo a proposito delle indagini su Delmastro, «c'è una parte della magistratura che tenta di condizionare la politica violando i principi della separazione dei poteri insiti in qualsiasi sistema democratico. E seguendo le regole della Costituzione, questo principio va ristabilito». E le regole costituzionali permettono alla politica di trasformarsi in inquirente e indagare, con i poteri di una Commissione, anche sui magistrati.