Vittorio Sgarbi ha annunciato le sue dimissioni da sottosegretario alla Cultura del governo Meloni. “Mi dimetto con effetto immediato e lo faccio per voi”, dice Sgarbi durante la sua lecture su Michelangelo all'evento La Ripartenza organizzato da Nicola Porro a Milano. “L'antitrust ha mandato una molto complessa e confusa lettera dicendo che, avendo accolto due lettere anonime, che ha inviato all'antitrust il ministro della Cultura, in cui c'era scritto che io non posso fare una conferenza da Porro”. “Adesso - aggiunge - sono solo Sgarbi, non sono più sottosegretario. Comunico ai giornalisti che mi dimetto con effetto immediato e scriverò una lettera a Meloni”

Un vero “colpo di teatro”, come dice Sgarbi, “sono due ore che medito se farlo o se non farlo”. Il motivo? La legge “consente che io, attraverso il Tar, indichi quelle cose che ho detto” ossia “che non può essere in conflitto di interessi chi non ha un lavoro, chi non fa l'attore, chi non fa il professore, chi è in pensione come professore e come sovrintendente. Io ho fatto occasionalmente, le occasioni possono anche essere quotidiane, conferenze come questa”. Questa conferenza, “secondo quello che l'Antitrust mi ha inviato, sarebbe incompatibile, illecita, fuorilegge”. Quindi, “per evitare che tutti voi siate complici di un reato, io parlo da questo momento libero del mio mandato di sottosegretario. Avete comunque un ministro e altri sottosegretari e io - conclude - riparto” e “da ora in avanti potrò andare in tv e fare conferenze”.

Sgarbi torna anche sugli insulti rivolti ai giornalisti di Report e de Il Fatto Quotidiano, autori dell'inchiesta sul quadro del pittore del Seicento Rutilio Manetti che risulta rubato. “Non mi devo scusare con nessuno, ho espresso le mie imprecazioni come fa chiunque”, dice l’ormai ex sottosegretario, che alla domanda sull'immagine che arriva all'estero per tutta la vicenda, Sgarbi dice “Quelle erano immagini rubate. Non rifarei l'intervista anche perché non l'ho fatta. E comunque il giornalista non morirà per questo”.